Chef non si nasce, chef si diventa.
Imparando a sviluppare, affinare e coltivare alcune caratteristiche, alcune fisiche e altre mentali. Paul Sorgule, il nostro punto di riferimento per quello che riguarda la "metafisica dello chef", ha scritto un posto elencando le 15 qualità necessarie per diventare uno chef - uno chef vero, "di successo" o comunque felice del proprio lavoro e dei propri risultati professionali.
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1. Energia
Giornate lunghe, sempre in piedi, temperature che mettono alla prova, stress continuo: l'industria ristorativa richiede livelli di energia che pochi altri mestieri richiedono.
2. Forza fisica
I cuochi stanno continuamente sollevando sacchi, spostando padelle, muovendo scatole, tirando teglie fuori e dentro dai forni, affettando. Alla fine del turno, ci si sente provati come dopo un incontro di rugby - un incontro in cui l'attaccante avversario ti ha buttato a terra.
3. Agilità
Lavorare in cucina vuol dire far parte di una coreografia accuratamente scenografata: non trasformare quel sauté in una frittura! Non tagliarti le dita! Attento alle fiamme! E infine decora quel piatto con sottilissimi ghirigori di salsina. Senza sbavare.
4. Acutezza mentale
Ricordare tutti i passi di una ricetta, aggiustare il sapore di una sfumatura alla volta fino all'equilibrio perfetto, catalogare simultaneamente multiple preparazioni - e in fretta: non è un mestiere per gente ottusa.
5. Essere un (buon) ascoltatore
Una persona davvero, davvero destinata a diventare uno chef deve essere capace di concentrarsi su quello che le viene detto, estrarre il nocciolo più importante di ogni ordine o consiglio, cogliere i dettagli. Ascoltare distrattamente non basta.
6. Capacità di seguire il leader
In cucina accadono molte cose che non hanno a che fare con la parola. Bisogna essere in grado di seguire la squadra, interpretando cenni silenziosi e movimenti della mano.
7. Dedizione all'organizzazione
Se c'è un termine che davvero definisce quello che differenzia una cucina professionista da una seria è: mise en place. I cuochi sono organizzati, durante il servizio e fuori dal servizio, e lavorano in uno spazio organizzato e pulito. Un cuoco respira ordine.
8. Grande palato
C'è chi ce l'ha dalla nascita e chi deve addestrarsi. Ogni sfumatura nel sapore di un piatto è fondamentale, non si può perdere nemmeno un ingrediente o un'aggiunta di sale.
9. Focus assoluto
Guardare un grande chef al lavoro è un'esperienza illuminante: sono in una dimensione completamente diversa dalla nostra, assorbiti in un processo che i comuni mortali non capiranno mai. Un processo da cui non possono, e non sono in grado di, distrarsi.
10. Capacità di ascoltare le critiche
I cuochi imparano attraverso la critica, non il criticismo. La distinzione è sottile: fondamentalmente, si tratta di riconoscere quello che non va nel proprio lavoro, utilizzando però le critiche come uno strumento per imparare, senza prenderla sul personale.
11. Autocritica
I migliori chef sanno di cosa hanno bisogno per imparare. Fissano standard che vogliono raggiungere, sempre più alti di quelli già fissati per loro, e non si fermano finché non li hanno raggiunti. Un buono chef è il proprio peggior critico, sempre pronto a migliorarsi.
12. Amore per il cibo
Per quanti passioni e hobby possano avere, i veri cuochi hanno un pensiero fisso in testa: il cibo. Vogliono imparare, e soprattutto degustare, il più possibile, ed essere i primi a scoprire le novità e a comunicarle.
13. Saper far parte di un gruppo
In una brigata c'è proprio spazio per chi vuole la luce dei riflettori. Una cucina di successo è un lavoro di squadra, dove la somma dei componenti è migliore della qualità di ogni parte. Grandi cucine sono il risultato di grandi squadre.
14. Passione
Quanto intensamente desiderate una carriera in cucina? È la vostra chiamata, la sola cosa che vi definisce, il ruolo che vi aiuterà a fare la differenza e soddisfare il vostro desiderio di esprimervi?
15. Orgoglio (e umiltà)
Certo, ricevere complimenti per il proprio lavoro è una cosa meravigliosa; allo stesso tempo, gli chef non devono dimenticarsi che il loro successo non è mai individuale, ma sempre un risultato del lavoro di squadra.