È un autentico universo di combinazioni: c'è l'etnico che non t'aspetti, il fusion insolito e fantasioso, le idee al limite del bizzarro. Si va dalle variazioni sul tema sushi a quelle dell'universo pizza, dai new style burritos e wraps ("rotoli") a peccaminosi dessert (e caffè per chiudere in bellezza). Alcuni sono ibridi ideati per nuove frontiere commerciali, altri sono mashups che rispondono alla mai sopita voglia di novità nel fast and casual (e qualche volta fine) dining.
Sushi Burrito
Quando il Sol Levante convola a nozze col Tex-Mex nasce il sushi-burrito. Gli antesignani dei burritos "diversamente interpretati" apparvero a San Francisco nel 2011, ideati con l'intento di fondere due fra le più apprezzate specialità della Bay Area: sushi e burrito. Riso, carne o pesce, verdure, spezie, erbe e condimenti (più o meno piccanti) si fanno avvoltolare nelle alghe nori ma poi, anziché a rondelle, il tutto si gusta intero esattamente come un burrito. Capito il gioco? Conquistata San Francisco via Sushirrito (la catena che oggi vanta sei ristoranti fra West ed East Coast) e via Kome Truck e poi Los Angeles grazie agli instancabili girovaghi del Jogasaki food truck, in sei anni l'idea non ha rallentato la sua corsa.

Anzi, continua a piacere ben oltre la West Coast - da Buredo di Washington DC a Burrito San di Miami passando per Komotodo di Denver (Colorado) - e ora detta moda a più latitudini. Ne sanno qualcosa a Johannesburg, ad esempio, dove il da poco inaugurato Sushi Burrito & Co di Melrose Arch piace a critica e pubblico, così come a Glasgow (Scozia), dove il Temaki di Hope Street sta facendo affari d'oro.
... e altri tipi di successo
Sulla scia di un così longevo successo, potevano forse farsi attendere i divertissement sul genere? Certo che no! Chiamateli però peruvian-burritos (al posto delle alghe nori, una sottile tortilla farcita con riso e quinoa più sambal di pomodoro, avocado, uova e carne di manzo o pollo e magari funghi), o phở-rritos (avvoltolati da una sottile tortilla, gli ingredienti della zuppa vietnamita "phở" come carne di manzo o pollo, germogli di soia, spaghetti di riso, coriandolo, salsa hoisin, peperoncino, cipolle) o ancora kyeritos, alias la versione "portabile" di quanto in genere troveremmo in una bowl. Ideati dalla californiana Kye, riso, proteine, legumi, verdure, condimenti piccanti (e non), uova e spezie sono avvolte in alghe nori, cavolo nero oppure lattuga romana e confezionate in buste trasparenti.

Da non confondere con i korritos, alias sushi burritos reinterpretati alla coreana: le alghe avvolgono il riso (bianco o viola) che a sua volta cela un cuore di carne (manzo, maiale, pollo) o tofu, kimchi, avocado, mais marinato, salse più o meno piccanti (la lista dei possibili ingredienti è però lunga e variegata e per averne un'idea date un'occhiata a quanto offre ad esempio Seoulspice di Washington DC).
Lox Bowl
Parola d'ordine? Lox. Sott'ordine? Bowl. Risultato? Lox bowl!
Intanto, che cos'è il lox? Facile: è praticamente il fratello gemello del gravlax (o gravadlax), ossia il salmone marinato alla maniera scandinava, ed è uno degli ingredienti più tipici della cucina ebraica ashkenazita americana. Cosa c'entra la bowl? Chiedetelo ad Aaron Israel e Sawako Okochi, i coniugi titolari di Shalom Japan (Brooklyn, New York) e "genitori" di alcuni fra i più accattivanti "Jewpanese" mashups degli ultimi anni. Dapprima, nel 2013, diedero il "la" al matzoh ball ramen, che combina il meglio di due zuppe ed è tuttora gettonatissimo anche fuori dalla Grande Mela: a Cambridge (Massachusetts), in quel di Boston, ad esempio, il Little Donkey punta sullo stesso mélange seppur rivisitato.
Ora, mai sazi di fondere le loro culture, il duo Israel-Okochi ha concepito la "lox bowl": al salmone marinato combina riso, avocado, cetrioli, sottaceti giapponesi più un uovo fritto. Il tutto sapientemente assemblato nella bowl, che poi è una delle mode imperanti di questo 2017. Così come pare stia per essere un trend lo stesso lox: piace sulla pizza, con le patate fritte poutine-style e finanche - udite udite! - come quid per un insolito gelato.

Belly Dogs
Hot dogs: pensavate di aver visto proprio tutto? Ricredetevi!
Mai sentito parlare del Belly dog? Concepito da Urbanbelly (Chicago), è un sapiente blend Latino Americano-Coreano (e non solo). La salsiccia è quella classica viennese (frankfurter, wiener o würstel che dir si voglia) e può presentarsi nel tradizionale panino allungato o tra due fette di pancarré tostato: quello che cambia (e sorprende anche i più navigati hot-dog trotters) è l'aggiunta di papaya verde sottaceto, noodles all'uovo e maionese al curry. E poi c'è il contorno: patatine fritte speziate e piccanti (omaggio del togarashi giapponese, un mix di peperoncini, pepe sansho, zenzero, alghe, sesamo, buccia d'arancia arrostita).
Nel variegato universo hot dog (una selezione fra le tante la trovate qui) c'è anche chi destruttura, sostituisce questo con quello e voilà gli hot dog eclairs di Cynthia Wong, pastry chef di fama mondiale. Eclairs che però non hanno nulla a che vedere con questi presentati dalla Maple Lodge Farm al Canada National Exhibition di Toronto del 2012.
Sushi Doughnuts
Donuts: la fantasia corre sul filo del mash-fusion
Magari i donut-burgers (scopriteli qui, qui e qui) non faranno impazzire i fine diners e tantomeno gli esteti del food. I sushi doughnuts (noti anche come do-shis o su-nuts) sono invece un'altra storia. Letteralmente! Dimenticate la soffice ciambella glassata farcita e concentratevi piuttosto su una "ciambella" di riso magistralmente decorata con quanto di meglio offrono il mare, la dispensa degli aromi e delle spezie, l'orto e i frutteti. Di incerta paternità (si favoleggia che la prima scintilla sia scoccata in Nuova Zelanda e che il merito sia della blogger e autrice di ricettari Sam Murphy), l'elegante composizione, oltre a farsi virale, sta oggi conquistando lo scenario della ristorazione raffinata: a Miami, ad esempio, Danny Khoetchapalayook, l'executive chef di NaiYaRa, ha alzato la posta con ingredienti ricercati come ricci di mare, uova di salmone, polpa di granchio, tartufo nero... Di sushi in sushi, virale, a più latitudini, è anche la versione taco del (appunto) sushi.
Caffè nel cono
E chiudiamo con un caffè
E se vi cogliesse vaghezza di un caffè? Diverso magari? Anche qui, la parola d'ordine è mashup: il caffè ora si serve in un cono di friabile cialda rivestito (internamente) di cioccolato. Coffee In A Cone, che in realtà non è un'idea nuovissima ma è stata perfezionata e si è avvalsa di un marketing molto ben orchestrato, è del trentenne sudafricano Dayne Levinrad. L'intrigante ibrido da-bere-prima-e-sgranocchiare-poi ha fatto il suo debutto al Balzac’s Coffee Roasters di Toronto, ha conquistato Instagram (#coffeeinacone) come il caffè "più instagrammabile" (!) del mondo, si sta lasciando reinterpretare secondo gusti e preferenze (matcha in a cone, anybody?) e ora è un must-try di alcuni selezionati locali di Hong Kong, Regno Unito e Australia.
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