Sapevate che per l'irrigazione dei campi l'uomo utilizza oltre il 70% delle riserve idriche? E che per produrre 1 kg di manzo occorrono 16mila litri d'acqua? E ancora che, secondo gli esperti, dovremmo guardare con occhi diversi una tazzina di caffè, una fetta di formaggio, una ciotola di riso...? Per ottenere la prima occorrono 140 litri d'acqua per 1 kg del secondo e del terzo ne occorrono rispettivamente 5.000 e 3.400. E avete mai pensato a quanta superficie terrestre occorre per coltivare e allevare? Si stima che oltre il 40% della terraferma ne sia occupata. Se a tutto ciò aggiungiamo le emissioni causate dal trasporto delle merci... il quadro si fa nero. Insomma, siamo nei guai? Non ancora. Ma conviene correre ai ripari. Come? Mentre da tempo si parla di fattorie verticali che delle coltivazioni a km 0 ed earth friendly hanno fatto un movimento oltre che un business, dall'Olanda arriva l'ultima in fatto di orti urbani. Tutto nasce da un dato talmente ovvio da essere quasi banale: il 71% della superficie terrestre è ricoperto d'acqua e di questa percentuale il 97% è costituito dagli oceani. Quindi? Risposta: sfruttare questi spazi immensi e inutilizzati per costruirvi delle fattorie galleggianti.
A Rotterdam, nasce il progetto che va oltre le "urban farm"
Immaginate una specifica area di una delle più importanti città portuali d'Europa. Poi, immaginate di vedervi galleggiare una piattaforma a più piani in grado di fornire alla città prodotti a km 0 ottenuti senza occupare nemmeno un ettaro di suolo. Il risultato è il progetto messo a punto dalla Beladon, specializzata in strutture galleggianti, in collaborazione con l'istituto agroalimentare olandese Courage e la Uit Je Eigen Stad, che gestisce fattorie urbane nella stessa Rotterdam. Cos'ha di diverso questo progetto rispetto a quello, ad esempio, di Singapore? "Il nostro progetto è un'evoluzione del concetto delle urban farms - racconta Minke van Wingerden, partner dell'azienda - Qui non si punta solo sugli ortaggi: la fattoria infatti assicurerà latte, formaggi, burro, yogurt freschissimi a km 0. Chiunque potrà recarsi sul 'campo' e comprare ciò che desidera, sette giorni su sette, visitando nel frattempo la fattoria".
Dove, è bene specificarlo, le 40 mucche che comporranno l'allevamento non saranno confinate in spazi angusti, anzi! Potranno starsene nei ricoveri oppure, grazie a una passerella, raggiungere liberamente la 'prateria' della piattaforma dove pascolare. "Questo progetto è in grado di soddisfare le necessità alimentari di grandi città perché è modulare e facilmente espandibile sia in altezza sia in larghezza. Siamo convinti che possa essere una risposta alla crescente domanda di cibo di una popolazione mondiale in continuo aumento, oltre che una formula vincente per ridurre l'inquinamento".
Floating Farm Rotterdam from Eline Wieland on Vimeo.
Nel senso che, non solo panelli solari e turbine eoliche forniranno l'energia necessaria alla vita stessa della fattoria, ma sarà sfruttata tutta l'acqua piovana oltre che l'urina delle mucche che non sarà dispersa nell'ambiente, bensì purificata per irrigare l'erba dei campi galleggianti. Anche il letame sarà recuperato: sarà infatti utilizzato dalle aziende agricole limitrofe. Insomma, un perfetto esempio di economia circolare che sta già dando il "la" ad altre due iniziative, sempre a Rotterdam e con gli stessi attori, destinate a diventare serre per coltivare ortaggi e allevamenti di animali da cortile come galline ovaiole. "Prima però, dobbiamo completare il progetto pilota, che sarà terminato e consegnato alla città a novembre del 2017", specifica van Wingerden.
Dove non c'è acqua, come si fa?
"La fattoria galleggiante come l'abbiamo concepita noi - spiegano ai vertici dell'azienda - è facilmente replicabile ovunque ci sia una riserva d'acqua. Un lago, ad esempio, o una sistema fluviale. E anche laddove l'acqua scarseggia o la superficie dello specchio non è sufficiente, possiamo costruire sulla terraferma in altezza occupando meno suolo, che così può essere destinato ad altri usi". Riuscite a immaginare il peso di questa visione non solo per ottimizzare le risorse ma soprattutto per combattere la fame nel mondo? "Le Nazioni Unite potrebbero, anzi dovrebbero considerare la bontà di progetti di questa portata", aggiungono. Certo, una volta ideati sarebbe bene fossero portati a termine.
Molti progetti, infatti, nonostante i plausi, sono rimasti sulla carta. Come la "Smart Floating Farm" della Forward Thinking Architecture di Barcellona. "Il progetto catalano non è ancora stato avviato - ci informa Minke - Siamo però in contatto con gli ideatori". Beladon potrebbe infatti unire le proprie forze con quelle dei progettisti spagnoli, la cui fattoria galleggiante è stata pensata sia per la coltivazione di ortaggi con tecniche idroponiche (piani intermedi) sia per l'itticoltura (piani "terra"), comprese le nursery per le uova di pesce, sia per la produzione di energia grazie ai pannelli solari (coperture), dove verrebbero raccolte anche le acque piovane.
Dove invece l'acqua è ovunque e in coperta lo spazio abbonda...
Mai sentito parlare del progetto di uno studente londinese che propone di sfruttare le navi cargo per farne orti viaggianti? Secondo Philippe Hohlfeld della London's Royal College of Art (RCA) oltre il 70% dei beni di consumo è oggi trasportato via mare (dall'Asia verso il resto del mondo e viceversa). Il più delle volte, le navi cargo compiono il viaggio di ritorno vuote.
"E allora - come ha dichiarato lo studente agli organi di stampa - perché non sfruttare quel 'vuoto a rendere' e trasformare i container liberi in orti idroponici?". L'idea, battezzata "Grow Frame", si propone di mettere a reddito oltre 13 milioni di container che altrimenti trasporterebbero solo aria!
E poi ci sono gli abissi, sconfinati e immensi!
Mentre Hohlfeld è ancora a caccia di fondi per avviare un prototipo, in Italia, nella baia di Noli (Savona), è partita la prima coltivazione sott'acqua in speciali serre (si presentano come bolle in vinile trasparente) poste tra gli 8 e i 10 metri di profondità. L'iniziativa, ideata da Sergio Gamberini dell’Ocean Reef Group, azienda specializzata nella produzione di apparecchiature subacquee con base in California oltre che in Liguria, ha di fatto reso coltivabile lo spazio sottomarino antistante alla baia grazie a 8 biosfere. "L'orto di Nemo", così si chiama il progetto, è stato avviato nel 2012 e sul finire del 2016 è stato possibile assaggiare il primo raccolto di basilico degli abissi (qui maggiori dettagli sul progetto).
A proporlo, lo chef stellato Davide Pezzuto (scuola Heinz Beck), che lo ha inserito nel menu del ristorante diffuso D.one di Montepagano (Teramo). A detta di agrinauti e chef, questo basilico ha qualità aromatiche molto elevate. Senza dimenticare che è 100% biologico: sott'acqua i parassiti non possono arrivare e dunque i pesticidi sono out. Ma come funzionano le serre? E le piantine... dove prendono l'acqua dolce in questo mare sconfinato di acqua salata? Durante il giorno, l'aria contenuta nelle biosfere aumenta di qualche grado e, poiché l'acqua marina è più fredda, all'interno della biosfera si forma una condensa che poi scivola lungo le pareti sotto forma di acqua dolce. Inoltre, non essendoci sbalzi termici rilevanti tra giorno e notte, nelle biosfere si crea una temperatura costante intorno ai 25°C. I risultati sono stati talmente positivi da indurre Gamberini e soci ad avviare coltivazioni di timo, origano, fragole, piselli, aglio, lattuga, nasturzi...