All’ombra della basilica vaticana di San Giovanni in Laterano, il quartiere che si dipana dal confine delle mura lateranensi, attraversando ben due consolari, l’Appia e la Tuscolana, è diventato negli ultimi anni uno dei più vivaci in fatto di ristorazione a Roma (e non solo). In senso ampio, se consideriamo anche le pizzerie, la pizza al taglio, qualche pasticceria e ancora wine bar e cocktail bar di livello.
Ma qui ci vogliamo focalizzare sulla ristorazione che nel giro degli ultimi dieci anni ha cambiato il volto del quartiere, rendendolo meta gourmet. Tante bellissime storie di autodeterminazione di ragazzi fra i 20 e i 40 anni, che si sono messi in proprio: uomini e donne di sala e di cucina che hanno frequentato cucine stellate (o comunque fine dining), uscendone con le conoscenze giuste e la voglia di costruire un’interpretazione personale del concetto di ristorazione. A chi si preoccupa della morte del fine dining, i ristoranti di San Giovanni rispondono che le cucine stellate servono eccome, come vivaio, che fa germinare esperienze che, pur senza ambizioni stellate, vivono della semplice intenzione di far star bene a tavola.
Scopri la nostra lista di giovani chef da provare in zona San Giovanni a Roma.
Santo Palato

Iniziamo la rassegna dalla più famosa, Sarah Cicolini, la giovane chef (sì, è ancora giovane anche se ormai è sulla piazza da una decina d’anni) che ha dato vita al progetto Santo Palato, che oggi è giunto alla sua versione 2.0, di cui non vediamo l’ora di poter parlare dopo averlo visto dal vivo. Ha appena riaperto nel nuovo indirizzo, in via Gallia 28, in un ex negozio di arredamento. Squadra e format, garantisce Sarah, restano gli stessi: una trattoria contemporanea in cui, se non ci siete mai stati, dovrai assolutamente assaggiare la Frittatina di rigaglie (ricetta della nonna), la Polpetta di coda alla vaccinara, la Carbonara e il Maritozzo. Quello che è cambiato è il design del locale, più moderno e maturo, e qualche nuovo piatto che la chef abruzzese trapiantata a Roma si potrà concedere, visto che finalmente sono aumentati gli spazi della cucina.
Santo Palato
Via Gallia, 28 – Roma
Barred
Altro locale che rende un po’ nordico e punk il concetto di osteria contemporanea è Barred, oggi sempre più maturo nella sua proposta, che da qualche tempo a pranzo presenta anche una versione “brunch” divertente e dissacrante al tempo stesso. Abbiamo detto osteria, ma non vogliamo trarre in inganno: qui non troverete amatriciane e carbonare, ma piatti ultramoderni con tanta sostanza, accompagnati da una selezione di vini molto raw, o naturali che dir si voglia. Anime del progetto sono i fratelli Tiziano e Mirko Palucci, rispettivamente chef e pastry chef, nonché addetto alla preparazione del pane home made (un vero valore aggiunto in questo caso).
Barred
via Cesena, 30 - Roma
Dogma

Quando questi ragazzi hanno aperto, con il loro format di cucina di pesce contemporanea, con una presenza massiva nelle cotture del fuoco, e quindi del sentore di affumicatura, il commento di chi scrive fu: “se aveste aperto solo cinque anni prima non vi avrebbe capiti nessuno”. Ma era il momento giusto, Santo Palato e Barred già avevano tracciato il solco di una cucina più evoluta e “svezzato” alla bistronomia romana il cliente del quartiere, fino a poco tempo fa in parte popolare. La cucina di Gabriele Di Lecce, presentata perfettamente in sala dalla moglie Alessandra Serramondi, è concreta, prende le mosse da un pescato sempre di altissima qualità e dalla disponibilità di prodotti vegetali dall’orto di famiglia a Maccarese. A questo Gabriele aggiunge la giusta quantità di estro e tecnica, senza mai rendere i piatti eccessivamente cervellotici. Altro pregio, i prezzi accessibili, specialmente se consideriamo che si va da loro “a mangiare il pesce”, come si dice a Roma: il menù degustazione da 5 portate è a 50 euro, quello da 7 a 70 euro.
Dogma
Piazza Zama, 34 - Roma
Nuan

Siamo ancora su un ristorante di pesce, dove la freschezza del pescato fa l’80% della proposta. E siamo ancora su un progetto di coppia, in questo caso entrambi in cucina: Luana Lesce ed Elvio Ferrelli sono passati soprattutto per le cucine di Acquolina (e di tutta la galassia che è intorno al progetto ristorativo del The First) e da lì hanno appreso le tecniche e il rispetto per la materia prima. Che trattano il meno possibile, per dare maggior valore al prodotto. Loro amano chiamarla “alta cucina casalinga”, il menù varia in base al pescato e in pratica bisogna chiedere che cosa hanno portato i pescatori. Per chi vuole affidarsi, il menù degustazione parte da prezzi più che competitivi, 35 euro per tre portate (ideale per il pranzo, dicono), a salire, in base alla fame.
Nuan
Via Siria, 3 - Roma
Ego Bistrot

Rimaniamo nel capitolo ristoranti contemporanei, ma in questo caso premiamo un po’ più l’acceleratore sul versante fine dining, perché la cucina di Ego Bistrot, piccolo indirizzo con meno di venti coperti, è di quelle non comprensibili a tutti e può far alzare qualche sopracciglio. Insomma, prima di entrare – e se siete minimamente foodie ne uscirete felici – dovrete essere consapevoli che in cucina c’è un bravissimo chef, Lorenzo De Lio, che si è formato da DiverXo a Madrid e che ha tenuto quello stile “alla spagnola”, che pretende che il cliente si affidi al 100%, lasciandosi trasportare in un gioco di assaggi e provocazioni gastronomiche. Fra queste, l’assenza del pane a tavola: scelta di campo, che rispetta la formazione internazionale dello chef. A coordinare il tutto (e spiegare perfettamente la filosofia di cucina di Lorenzo), c’è Beatrice Venturini, compagna sul lavoro e nella vita, con esperienze altrettanto importanti sulle spalle nell’ambito della sala. Insomma, la coppia perfetta, da conoscere.
Ego
Via Etruria, 35 - Roma
Gastromario
Da quando ha aperto Gastromario le colazioni in zona San Giovanni hanno finalmente trovato un indirizzo per un buon croissant. La mattina c’è sempre un po’ di fila, fra caffè, cappuccini e viennoiserie che sbriciolano felicemente sui tavoli. In sala a coordinare tutto c’è Simone Romano, la pasticceria è opera di Valentina De Caro, mentre per i salati c’è Francesco D'Agostino. È la sua mano che interviene, con il passare delle ore, nei golosi sandwich al banco e nei piatti del brunch di ispirazione anglosassone. Quindi si arriva al pranzo e cambia solo un po’ l’atmosfera, diventando un intimo localino in cui concedersi una pausa con piatti che affondano spesso i piedi nella tradizione, divertendosi a rivisitarla con grazia. Per concludere, una monoporzione di pasticceria chiude perfettamente il cerchio e l’esperienza.
Gastromario
Via Voghera, 10 - Roma
Gallo
Più spostato verso la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, Gallo è un altro progetto a tutta cucina di pesce, che ha l’ambizione di diventare l’indirizzo giusto per rispondere alla domanda dei romani: “dove vado a mangiare il pesce?”. I piatti di Lorenzo Gallo sono tutti estremamente comprensibili, strizzano l’occhio ai classiconi dei ristoranti del litorale, eppure la loro fattura si allontana da questi per la capacità di andare oltre, grazie alle tecniche acquisite alla corte di Lele Usai. Insomma, goditi l’Insalata di mare, che dà un nuovo senso a quelle che hai mangiato prima, così come si fa ricordare per la perfetta consistenza la frittura.
Gallo
Via di S. Croce in Gerusalemme, 29 - Roma
Santì
Già dal nome, Santì è un omaggio alla nonna Santina, poi ci sono i fiori freschi sui tavoli e i piatti che qua e là prendono spunto proprio dal ricettario della suddetta. Ad animare questo indirizzo intimo e gentile, i due cugini Alessio Congias e Simone Simeoni. Il largo bancone, a cui ci si può anche sedere, fa capire che l’accoglienza amichevole è parte integrante del concetto, anche perché i tavoli sono pochi e veramente basta alzare leggermente la voce per dialogare con chi sta al banco. Pochi piatti ma buoni, casalinghi, ma non troppo: da Santì si sta semplicemente bene, coccolati come se ci fosse la nonna, con proposte a volte ruffiane, come le Fettuccine al ragù, qualche volta un po’ più intriganti, come il Pannicolo.
Santì
Via Latina, 80 - Roma
Fa.Se Osteria Moderna

Ci allontaniamo solo un po’ da San Giovanni, lungo la direttrice della Tuscolana, per trovare un’ostessa che finalmente ha trovato uno spazio suo, in quel di via Amelia. Ornella De Felice, che la maggior parte dei foodie capitolini ricordano da Coromandel, ha aperto in questo quadrante, spinta dal socio, Fabrizio Mazziotta, oste e maître di sala, che è appunto di zona. Il vino è ben presente in sala e accompagna con garbo i piatti di Ornella, che è una chef di sostanza, che ama lavorare materie prime eccellenti e fa un passo indietro quando serve (per esempio non fa pane e pasta, ma li compra dalle migliori botteghe). Fra i piatti qualche concessione alla romanità, ma anche piatti in cui Ornella può esprimere la sua creatività, come la Coscia di faraona alle castagne.
Fa.Se Osteria Moderna
Viale Amelia, 13b - Roma
Brado
Proprio di fronte a Fa.Se, c’è questo progetto di tre fratelli, Christian, Manuel e Mirko Catania, che hanno puntato tutto sulla carne, meglio se selvaggina. Brado non è solo il nome, ma un vero e proprio manifesto del progetto, che fa della carne allevata appunto allo stato brado la sua scelta etica. Qui troverete piatti di selvaggina (cinghiale e cervo in primis), ma anche manzi e maiali, purché siano appunto allevati allo stato brado. La cucina è semplice, quasi da pub evoluto, ma fa della qualità della materia prima e del gusto il suo punto di partenza.
Brado
Viale Amelia, 42 - Roma