L'arte del menu engineering, ovvero della costruzione del menu di un ristorante, è un'arte sottile, di cui nella maggior parte dei casi non ci rendiamo conto, ma che influisce sulle nostre scelte.
Dalla scelta dei colori a quella dei materiali, dalla posizione sulla pagina alla lunghezza delle descrizioni, i ristoratori cercano sempre di farci ordinare alcuni piatti e ignorarne altri.
Può esservi utile scoprire alcuni di questi trucchi in questa interessantissima infografica di Aaron Allen:
Menu arcobaleno. Ogni colore ci suscita determinate emozioni e può contribuire a determinate scelte. Colore verde? Cibo fresco. Colore arancio? Stimolante dell'appetito. Colore giallo? Richiama l'attenzione. Colore rosso? Rinforza una scelta.
Triangolo magico. È quello che va dalla metà del menu all'angolo destro fino all'angolo sinistro. Ed è qui che i ristoranti mettono i piatti che ci vogliono far ordinare.
Non c'è trucco non c'è inganno... o forse sì. I ristoratori piazzano i piatti su cui hanno un maggior margine di guadagno in cima al menu, perché sanno che sceglieremo soprattutto da lì.
La potenza dell'inconscio. I primi due piatti di ogni sezione del menu sono quelli con i margini più alti, l'ultimo è quello meno conveniente da farci ordinare per il ristoratore. Perché? Perché sanno che a livello inconscio ordiniamo guardando in cima e non in fondo.
Largo all'immaginazione. Le parole contano, ma non bisogna esagerare. Bisogna evitare i superlativi - non funzionano mai - e invece abbondare con gli aggettivi.
Effetto nostalgia. Puntare sull'emotività e sui ricordi funziona sempre. Ma attenzione: se ordinate la "torta della nonna" probabilmente vi beccherete una fetta che è in freezer da qualche mese.
Less is more. È meglio dare una scelta limitata al cliente piuttosto che proporgli un menu sterminato. Il numero ideale di piatti? Sette per ogni sezione.
The power of storytelling. Normalmente, anche per banali ragioni di impaginazione, tutti i piatti hanno descrizioni della stessa lunghezza. È quindi naturale che i piatti con descrizioni più lunghe ci colpiscano di più.
Potere al cliente. Dare al cliente più informazioni, su un piatto ma anche su un vino, gli dà più strumenti per poter decidere autonomamente. E maggiore soddisfazione.
Spazio negativo. Anche gli spazi vuoti hanno il loro peso. "Isolare" un piatto nel menu, lasciandogli più spazio bianco intorno, focalizzerà l'attenzione su di lui.
Material world. Un menu rivestito in pelle o una carta più spessa possono predisporci favorevolmente verso un ristorante, perché ci spingono a pensare che presti la stessa attenzione anche ai "materiali", agli ingredienti, dei piatti.
Glossario. Siamo più spinti a ordinare il costosissimo filetto se sappiamo da dove viene la carne o come viene preparata. Un piccolo glossario è sempre utile.