Michelangelo Pistoletto – architetto e artista di fama internazionale, ispiratore di Città Dell’Arte-Fondazione Pistoletto di Biella – è impegnato da anni a costruire e divulgare con la sua opera un nuovo rapporto tra l’Uomo e la Natura. L’ha chiamato Terzo Paradiso, superamento del Primo (quello esclusivo della Natura) e del Secondo (regno incontrastato dell’Artificio umano). Alla base del Terzo Paradiso c'è la riscoperta della terra e della coltivazione dei suoi frutti (anche in ambiente urbano) e quella dei rapporti umani, sociali.
"Secondo questa idea di cambiamento, di impegno etico e di nuova buona salute (sia personale sia planetaria), abbiamo bisogno di parlare di cibo. Di come ci nutriamo", dice quando lo incontriamo in occasione di S.Pellegrino Live From Milan. Anche lui, presente al Fuorisalone 2014 con l’installazione SuperOrtoPiù, apprezza la buona cucina. “Mi dà molta soddisfazione. Io sono un bon vivant e un buongustaio. I miei genitori mi hanno insegnato ad assaggiare qualsiasi cosa… Ho avuto anche la fortuna di incontrare donne che mi hanno fatto apprezzare cose che provengono da altri paesi. Quindi c’è anche un tema di rapporto con la femminilità che mi piace molto”.
Che ruolo ha 'mangiare bene', nella sua visione?
Il cibo per me è cultura-coltura. La cultura è insita nel coltivare, così come l’arte deve essere 'coltivata' per diventare cultura. Il cibo muove il lato più primordiale degli esseri umani ma può far sviluppare anche una grande capacità creativa che avvicina alle forme dell’arte…
Predilige qualche tipo particolare di cucina?
Amo molto la cucina italiana, per fortuna in Italia abbiamo una tradizione di cibo molto vicina alla natura, semplice ma ricchissima. Ma quando viaggio voglio sempre scoprire cosa c’è di essenziale, tradizionale, tipico della cultura gastronomica che visito.
Mi lascia abbastanza indifferente la volontà di estetizzare il cibo, come spesso accade oggi, o l'unificazione del gusto. Mi interessa di più chi formula delle proposte partendo dalle grandi tradizioni, l’accostamento dei gusti, le differenze, magari mettendoci del proprio. Perchè il cibo porta appunto cultura e può rappresentare un vero scambio.
Se la sua arte fosse un piatto cosa sarebbe?
Un raviolo, perchè i ravioli sono belli come forma e poi c'è la sorpresa. Nei ravioli metti gli ingredienti che vuoi. Quindi un raviolo con tutti i gusti che possono essere inseriti.
Che sapore ha la felicità?
Di cioccolato. Dolce, ma anche amaro… Perchè è allo stesso tempo robusto e morbido.
Il primo sapore che ricorda?
Il sapore della selvaggina al vino rosso che cucinava mia madre. Ricordo che mio padre dipingeva nature morte con fagiani e lepri. Man mano che finiva, sfilava dalla composizione quello che era appena stato ritratto e andava a cucinarlo. Mia madre cucinava benissimo.