La trattoria moderna è quel posto dove alle ricette della nonna si applicano le tecniche spesso imparate in esperienze stellate, non senza un pizzico di fantasia. Abbiamo così voluto selezionare per voi i ristoranti di Roma che sono riusciti a svoltare, mantenendo il giusto equilibrio fra storia e modernità: quei posti dove si sta bene, la qualità della materia prima è alta e si paga il giusto.
I posti dove trovare un’ottima carbonara, un’amatriciana da manuale, ma anche piatti che riscoprono e rivalutano ammodernandole ricette della tradizione – romana e italiana in generale – spesso trascurate.
Scopri con noi le migliori trattorie moderne romane da non perdere.
Santo Palato
Per la cronaca, il nome è mutuato dalla Taverna del Santopalato di Torino, che metteva in pratica il Manifesto della cucina Futurista (1931). Quadri di ispirazione futurista alle pareti, la scritta retroilluminata “Trattoria” spicca in sala e non lascia dubbio, la comunicazione è chiara ed efficace, piatti senza fronzoli ma evoluti.
Sarah Cicolini - foto Andrea Di Lorenzo
In cucina troviamo una cuoca modernissima al comando, ben lontana dall’iconografia della cuciniera romana tradizionale. Lei è Sarah Cicolini, giovane donna dai capelli ricci lunghi e rossi, tanti tatuaggi, grinta da vendere ed esperienze stellate alle spalle, che le hanno lasciato la tecnica e la voglia di mettere in piedi un progetto tutto suo. L’omaggio alla nonna, con la sua frittata con le rigaglie, a Roma con una delle migliori carbonare su piazza, nonché una polpetta di bollito da urlo, e ancora la trippa alla romana, diversi piatti di quinto quarto e quel che passa la lavagna. Lasciare un po’ di spazio per il maritozzo finale con la crema chantilly è un obbligo.
Santo Palato
Piazza Tarquinia 4 a/b, Roma
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Trattoria Pennestri
Va detto che pur definendosi trattoria, potrebbe benissimo chiamarsi anche osteria. Perché il vino è protagonista almeno tanto quanto la cucina e perché se in cucina c’è lo chef Tommaso Pennestri, che ha dato il nome al locale, in sala c’è Valeria Payero che fa da “ostessa” e consiglia in maniera professionale cosa bere. La tradizione è in diversi piatti e ancora di più nelle materie prime, quinto quarto su tutte, che tuttavia sono solo punto di partenza per un esercizio di creatività sempre rispettoso. In carta alcuni must non possono mancare, come quegli gnocchetti acqua e farina con la crema di scampi e la stracciatella, che ti riportano felicemente agli anni Ottanta, tenendo il concetto ma migliorando di gran lunga la ricetta. I capisaldi della cucina romana ci sono, “basta chiedere” come dicono loro. Ma perché imbrigliare lo chef in questi cliché?
Trattoria Pennestri
Via Giovanni da Empoli 5, Roma
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Eufrosino
Disclaimer: siamo a Roma, quartiere Tor Pignattara, ma la romanità in cucina forse è l’unica cosa che non c’è. La scelta di non mettersi in competizione con gli altri dispensatori di carbonare è stata voluta, così l’idea – riuscitissima – di Paolo D’Ercole, lo chef, e soci è stata quella di dar voce a tutta l’Italia e ai suoi piatti della tradizione, inseguendo solamente le stagioni e un concetto di confort food abbondante da trattoria.
foto Andrea Di Lorenzo
Così capita di mangiare i milanesissimi mondeghili a Roma, la prima volta che l’abbiamo visitato in carta c’era uno sformato di tortellini alla panna, mentre tutti sono concordi sulla bontà della sua Chitarrina cacio, ova e pecora, che è l’omaggio di Paolo D’Ercole alle sue di origini abruzzesi (Abruzzo di terra, naturalmente). Merita un cenno l’origine del nome: Eufrosino è il santo patrono dei cuochi.
Eufrosino
Via di Tor Pignattara 188, Roma
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Menabò
In una Centocelle in continuo movimento gastronomico, ecco che Menabò ha alzato decisamente l’asticella con la sua cucina da “trattoria Resistente”, come dicono loro. Anche qui il confine con l’osteria propriamente detta è labile, perché i fratelli Camponeschi si sono divisi equamente i compiti: Daniele sta in sala e Paolo in cucina.
Aspetto volutamente fané (bravi ad aver lasciato il pavimento di palladiana anni Sessanta a terra!), oggetti di modernariato qui e là e la lavagna come centro della narrazione, ad annunciare i piatti sapientemente modernizzati, ma non legati alla tradizione romana. Fra i cavalli di battaglia l’antipasto a base di fegatini nella rete, ma non c’è solo quinto quarto, ma un giusto equilibrio in carta fra carne, pesce e vegetali, seguendo pedissequamente le stagioni e il meglio che offre il mercato.
Menabò
Via delle Palme 44/D, Roma
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Proloco Trastevere
Fortunati quelli che abitano in questo angolo di Trastevere, perché in pochi metri hanno Proloco, L’Osteria della trippa (ne parliamo di seguito), nonché Zia (stellato), Le Levain (golosissima pasticceria) e Otaleg (uno dei migliori gelati di Roma).
Rimanendo su Proloco Trastevere, è l’ultimo nato di un progetto di riscoperta dei prodotti e della cucina e dei prodotti laziali ad opera di un lucano, Vincenzo Mancino. Anima del progetto Dol (Denominazione di origine laziale), a lui si deve la riscoperta del Conciato Romano, un pecorino antichissimo, e la bellissima iniziativa di avviare il caseificio delle detenute di Rebibbia. Inoltre ha fatto scoprire ai romani un’infinità di presidi Slow Food laziali, che si possono acquistare ai banconi dei vari Proloco e assaggiare lavorati nei loro piatti. Il progetto Proloco Dol si trova anche a Centocelle e a Porta Pia (dove si mangia anche un’ottima pizza), ma da quando in cucina a Trastevere c’è la deliziosa moglie Elisabetta Guaglianone, Vincenzo, che fa un po’ da oste e narratore, lo si trova quasi sempre qui. In carta piatti di tradizione e non solo che cambiano in base alla stagione, da non perdere i taglieri con i prodotti selezionati da Vincenzo. Altra particolarità è il Pranzo Contadino: si mangia quel che c’è e l’atmosfera è piacevolmente conviviale.
Proloco Trastevere
Via Goffredo Mameli 23, Roma
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Trecca – Cucina di mercato
Altri due fratelli, che in questo caso sono diventati un punto di riferimento di un quartiere un po’ sguarnito dal punto di vista gastronomico, zona San Paolo, a due passi dalla mitologica Cristoforo Colombo, arteria cittadina su cui i romani trascorrono non poche ore della loro esistenza.
Loro sono i fratelli Trecastelli, Niccolò in sala e Manuel in cucina, che hanno rilevato un locale di famiglia senza pretese, con l’intenzione di dar vita a un progetto di trattoria moderna, rispettoso della tradizione romana. Qui, promettono, “se magna forte”, i capisaldi della romanità ci sono tutti, eseguiti “come se deve”, pajata e altri piatti del quinto quarto non mancano mai, ma quello che li contraddistingue è l’attenzione alla materia prima, fresca di mercato.
Trecca - Cucina di Mercato
Via Alessandro Severo 220, Roma
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L'Osteria della Trippa
In questo caso fra le trattorie merita un posto quella che invece si è autodefinita osteria. Anche qui il confine è labile: è vero che il vino ha la sua componente importante, ma la cucina di questo locale è scientemente da trattoria. A far pendere la bilancia verso l’osteria è la presenza dell’ostessa, che è anche in cucina. Con il suo irresistibile sorriso, Alessandra Ruggeri è capace di regalare ai suoi commensali un “one woman show”, quando prepara i suoi piatti ed esce a presentarli.
Romana di nascita, ha dedicato a uno dei piatti nonché ingredienti della cucina romana, la trippa, un intero locale e una sezione del menù da cui non si può prescindere: da assaggiare la trippa fritta, che scrocchia piacevolmente e convince anche chi non ne ama la consistenza. Per chi non ha remore, c’è quella in umido coi fagioli che è una delizia o quella classica alla romana, che è una garanzia, come è garanzia di romanità l’amatriciana di Alessandra. Da bis.
L'Osteria della Trippa
Via Goffredo Mameli 15/16, Roma
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Romanè
Ci voleva Stefano Callegari per riscoprire le trattorie alla romana come una volta. Premessa, per chi non lo conoscesse: Callegari è il papà di Trapizzino. Nasce pizzaiolo, ma la cucina di una volta è sempre stata il suo pallino e già l’aveva perfezionata come condimento per le sue tasche di pizza da mangiare in modalità street food. Dopo questo colpo di genio, ne mette a segno un altro aprendo in zona Cipro la sua personalissima trattoria.
Perdete ogni speranza voi che siete a dieta, perché non è questo il posto giusto! Da Romanè è tutto opulento (la fettina panata, che dal Rubicone in su chiamerebbero cotoletta, fa provincia) e anche felicemente anni Ottanta. Non è un caso che il piatto più richiesto siano le fettuccine al tortellino: bollite nel brodo e condite con parmigiano, mortadella e prosciutto crudo. E ancora, per chi sceglie la combo fettuccine con sugo di carne e carni al sugo rosso come secondo, il tuffo nei ricordi del menù domenicale della nonna è assicurato.
Romanè
via Cipro 106, Roma
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Luciano Cucina Italiana
Prendi uno chef stellato, fallo uscire dagli schemi del fine dining e fallo ripartire dal suo piatto iconico, la carbonara. Metti poi che lo chef si chiama Luciano Monosilio, il cui nome di battesimo è un’icona dell’italianità (Big Luciano, ma anche Lucky Luciano), ed ecco che nasce a un passo da Campo dei Fiori un locale che vuole raccontare la cucina romana e italiana soprattutto agli stranieri, partendo proprio da quella carbonara stellare.
foto Alberto Blasetti
Una proposta semplice ed efficace, non incentrata totalmente sulla romanità, ma come si diceva basta già quella carbonara per la laurea honoris causa. In più ci sono amatriciana, cacio e pepe e ancora le polpette di bollito, lo scottadito di agnello e così via. Insomma una trattoria moderna, volutamente più ecumenica.
Luciano Cucina Italiana
Piazza del Teatro di Pompeo 18, Roma
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