Noi giornalisti manchiamo di parole per descrivere la sala. Non è un giudizio, è una constatazione. E una mancanza che anche noi, a Fine Dining Lovers, ammettiamo.
Tributiamo pagine di encomi sperticati - o critiche altrettanto furibonde - a chef e sous chef, ma non riusciamo a dedicare più di una o due righe a chi si avvicenda al nostro tavolo. Gli riserviamo il titolo un po’ generico di “cameriere”, di “sommelier” se ci porta una bottiglia di vino. Se ci spingiamo a parlare di “servizio di sala” lo facciamo in tono vago e compiaciuto, come di un animale esotico di cui ci accontentiamo di riconoscere l’esistenza.
Ne abbiamo parlato con Giacomo Gironi, maître de Al Mercato, “totalmente innamorato del suo mestiere” e direttore dei corsi di Management e Sala lanciati da Noi di Sala Lombardia e Food Genius Academy, tra le più importanti realtà formative italiane nel settore. È soprattutto grazie a loro se negli ultimi anni la sala è uscita dal suo cono d’ombra.
Passando dalla Rivoluzione Francese ai fast food americani, da Napoleone alla laccatura del piccione, Giacomo ci ha raccontato un mestiere - o per meglio dire, un mondo. Noi ve lo abbiamo riassunto in dieci punti, sperando che la prossima volta, seduti al tavolo di un ristorante, vi guarderete intorno con occhi diversi.
1. Chi comanda
Lo chef esiste anche in sala. E si chiama maître. “Il suo ruolo morale è essere l’anello di congiunzione tra la cucina e l’ospite, tra la proprietà e i fornitori: è il front di qualunque realtà ristorativa, con l’onere - ma anche l’onore - di tenere le fila dei rapporti con il resto della società. E ovviamente deve tenere conto dello stress di tutti”. Maître in francese significa Maestro, e questa dovrebbe essere una spiegazione sufficiente di per sé.
2. La gerarchia
La gerarchizzazione del servizio, così come è stata formalizzata nell’Ottocento, viene ancora ritenuta valida, e comprende: direttore/restaurant manager; maître; sommelier e assistente sommelier; chef de rang; commis; runner. Nel caso dei ristoranti d’hotel la faccenda si fa ancora più complessa. “Il numero e la ramificazione ovviamente variano in funzione del numero dei coperti e della politica dei costi” spiega Giacomo. Impararla a memoria? Oggettivamente impossibile. Ma almeno ricordarsi che non esiste un cameriere e basta.
3. La “metafisica” del cliente
Quando entrate in un ristorante per voi comincia un esame discreto, un giudizio silenzioso che non serve a darvi un voto, ma ad offrirvi il miglior servizio possibile, una valutazione breve ed efficace basata soprattutto sul vostro atteggiamento. “Una volta il metro di giudizio principale erano i vestiti. Ora guardiamo a come si pongono i clienti, al loro imbarazzo, alla loro curiosità ma soprattutto alla loro educazione”. Non basta conoscere le allergie del cliente, ma anche capire cosa si aspetta da quella cena. E poi trovare la giusta distanza, prendendo le misure necessarie e coinvolgendo senza farsi coinvolgere.
4. Il food cost
Nella vulgata popolare si tende a pensare che la gestione economica di un ristorante ricada unicamente sullo chef, ma questo è vero solo nel caso che lo chef sia anche il proprietario. Termini come "food cost" o "break even point" riguardano anche la sala, così come la costruzione del menu (la cosiddetta menu engineering) e la dialettica con il cliente oppure la gestione delle risorse umane.

Immagine: Noi di Sala/Facebook
5. … e tutto il resto
Altre competenze che dovrebbe possedere “l’uomo di sala”? La lista varia in base al ruolo ricoperto nella gerarchia, ma non può ovviamente prescindere dalla consapevolezza di quello che accade in cucina, dalla conoscenza della materia prima e da un palato allenato. E poi ovviamente c’è il capitolo bevande, che non sono solo vino ma anche birre (“Un campo in cui mi piacerebbe ci fosse una specializzazione maggiore”), caffè, tè, tisane, estratti, distillati e miscelati. Cosa sono? Qual è il modo giusto di raccontarle al cliente? Come gestire la carta e i ricarichi? Se pensavate che si trattasse solo di saper portare un vassoio, questo è il momento di fare ammenda.
6. La contestualizzazione
“In cucina c’è l’occhio millimetrico, in sala c’è il buonsenso”. Particolarmente efficace il riassunto di un mestiere che deve sempre essere adattato al luogo dove si trova, dalla pizzeria da 200 coperti allo stellato con le tovaglie stirate. Adattamento che non vuol dire abdicare alle proprie responsabilità, bensì mantenere la stessa “ossessiva cura del dettaglio che dovrebbe caratterizzarci tutti”.
7. I media
Come dicevamo all’inizio, di sala si parla poco e soprattutto male. “Non vorrei certo che tutto il marasma intorno ai cuochi ruotasse anche intorno alla cucina: non chiedo i 15 minuti di celebrità, ma la creazione di una figura ‘popolare’ di uomo di sala” precisa Giacomo “Il nostro sarà anche un mestiere meno affascinante di quello dello chef, ma non meno complesso. Sala e cucina non andrebbero mai slegate: una recensione, o un articolo, dovrebbero parlare di un ristorante in toto”.

8. Uno sguardo oltreconfine
“In Francia e in altri paesi l’expertise di sala è molto più tutelato, e il benessere nel settore molto più alto” spiega Giacomo. Normalmente si ritiene che la differenza la faccia il sistema delle mance - che da noi, tranne che nei ristoranti stellati, non sono contemplate. È vero? “Integrare le mance nel conto, invece che usare mezzucci come ‘servizio’ e ‘coperto’, sarebbe sicuramente un incentivo fortissimo” replica Giacomo “Ma non è la soluzione. Se davvero vogliamo cominciare a cambiare le cose dobbiamo partire ddall’educazione”.
9. La formazione di sala
“Il primo responsabile di questo decadimento della sala è la sala stessa”. Per riportare dignità a un mestiere che “se non sta morendo è in forte agonia”, la formazione - come quella che sta appunto portando avanti Noi di Sala - è ovviamente la tappa fondamentale. Seguita da uno stage, che non sia “solo negli stellati o in contesti similari. Bisogna fare esperienza di tutto, compreso il banqueting o l’eventistica”.
10. Il cameriere 3.0
Se chiedi a Giacomo di indicare un servizio ‘ideale’, lui cita l’Eleven Madison Park. “Giovanile ma dannatamente esperto, dinamico ma super specializzato, solerte ma calmo dentro. Devi conoscere tutti i punti del servizio perfetto e sapertene fregare, scardinarli uno per uno buttando via il frac e il papillon. Ah, e ovviamente conoscere le lingue e possedere un buon senso dell’umorismo sono due requisiti fondamentali”.