Secondo ricerche recenti ogni anno un terzo del cibo prodotto a livello mondiale viene letteralmente gettato via: in soldoni, significa che finiscono nella pattumiera 222 milioni di tonnellate di derrate alimentari, una quantità pressoché pari alla produzione di cibo dell'Africa subsahariana. Eppure, sono sempre di più coloro che affermano che scarti ed eccedenze hanno un gran potenziale e che con essi si può dar vita a piatti nutrienti oltre che di insospettabile bontà. Al limite del gourmand, se non addirittura pienamente entro i suoi confini.
È anche per questo che, stando a molti istituti di ricerca fra cui Mintel, Rabobank e Sterling-Rice Group, il "waste not" sarà un trend in fortissima ascesa per questo 2017. Anno che promette tra l'altro d'essere decisivo in termini anti-spreco, se dobbiamo prestar fede ad esempio alla neonata Piattaforma Europea contro gli sprechi e i rifiuti alimentari.
La filantropia gastronomica, così come la filosofia dello spreco zero o del riuso di tutto quanto rischia di finire in pattumiera (o compostiera laddove si differenzia con criterio) è passata dalla teoria alla pratica.
Wasted, Dan Barber
Se n'era già parlato molto (e bene) nel Greenwich Village, allorché Dan Barber, l'astrochef del rinomato Blue Hill di New York nonché consigliere degli Obama in fatto di nutrizione, aveva dato il via, con la collaborazione di una ventina di chef rinomati come Alain Ducasse, Mario Batali, Enrique Olvera, Dominique Ansel e Grant Achatz. per citarne solo alcuni, a WastEd (letteralmente "Educazione allo spreco"), dove tutto ciò che normalmente è considerato rifiuto o spazzatura è stato mirabilmente trasformato in piatti di insospettabile raffinatezza.
E non pensate che abbiano cucinato ingredienti scaduti e insalubri. Piuttosto, immaginate gli scarti della lavorazione in cucina (scorze, radici, bucce, semi, lische, fondi…), tutto quello che finisce con il non essere commercializzato perché “brutto” (vongole con gusci rotti, frutta e verdura compromesse dal trasporto...) o quanto invece risulta dalla trasformazione o conservazione di un cibo (siero di formaggio, siero di barbabietola, orli o ritagli di pasta fresca, liquido di conserva dei legumi in lattina e via discorrendo). Barber non ha fatto altro che mettere in pratica il concetto del "terzo piatto" in cucina. Cosa proponeva il menu? Idee semplici eppure raffinate come l'insalata Dumpster Dive, ad esempio, realizzata con pistacchi, mele e pere ammaccate e servita con l'acqua dei ceci (sì, quella di conserva) emulsionata a formare una salsina vellutata (nel solco dell'"acquafaba" per intenderci). Poi, Noodles realizzati con cotenna di maiale e gamberoni serviti in un delicato brodo (dashi style) di bucce di patate. E ancora, un particolarissimo hamburger: polpa di scarto degli estratti di verdura per la polpetta, croste e molliche di pane raffermo e riassemblato per il panino, crema di rape rosse ammaccate a far la parte del ketchup. Per non parlare di avanzi di pasta conditi con sughi a base di teste di pesce affumicato, risotti con cereali di seconda o terza scelta mantecati con croste di formaggio, cuori di ananas abbrustoliti e serviti con gelato di foglie di lime, cocktail di fondi di caffè con scorze di agrumi.
Refettorio Ambrosiano, Massimo Bottura
Mentre sorgeva e tramontava la volutamente breve vita di "WastEd" (che si racconta anche qui: http://www.wastedny.com/scrapbook), Massimo Bottura iniziava la sua personalissima crociata contro lo spreco alimentare definendolo il punto d'arrivo della sua evoluzione sociale. Correva il 2015, "Expo" era alle porte e il pluripremiato chef modenese sottolineava quanto fosse inaccettabile vedere gettato nelle pattumiere tonnellate di buon cibo. Dalle parole ai fatti, Bottura ha dapprima dato il via al "Refettorio Ambrosiano", dove una cinquantina di chef di fama mondiale si sono alternati a cucinare per i meno fortunati utilizzando il surplus dei ristoranti di Expo 2015. Poi è volato in Brasile per le Olimpiadi e reso possibile "RefettoRìo Gastromotiva", recuperando l'immensa quantità di cibo che 18mila tra atleti, paratleti e relativo entourage alloggiato nel Villaggio Olimpico non hanno - per vari motivi - consumato.
Le cifre? Delle 250 tonnellate di cibo a pasto (colazione, pranzo, cena) su base giornaliera, pare ne siano state recuperate 12 tonnellate a loro volta trasformate in migliaia di pasti per i senzatetto. Una "filantropia culinaria" che va avanti spedita: è recente l'avvio del Refettorio di Modena (Socialtables@Ghirlandina) ed è stata annunciata per questo 2017 l'apertura di un Refettorio a New York, nel Bronx.
Dalle legislazioni alle start-up
Mentre da più parti arrivano moniti affinché diminuiscano gli sprechi a più livelli (con molti spunti anche per la sfera domestica), a tutte le latitudini c'è chi ha compreso il non trascurabile valore delle derrate alimentari che per ragioni estetiche o culturali non entrano nel sistema distributivo, sviluppando start up di innegabile valenza economica, sociale e ambientale. C'è ad esempio la britannica Winnow che, grazie a una app raccoglie i dati sulle eccedenze nella ristorazione permettendo così un più oculato piano d'acquisti. C'è Food Cowboy di Washington, che si serve delle tecnologie mobili per "dirottare" il cibo scartato dai distributori verso le mense dei poveri.
C'è la bostoniana Daily Table, che trasforma i cibi prossimi alla scadenza in precotti a buon mercato.
E c'è lo scambio elettronico di CropMobster di San Francisco ad esempio che, facilitando lo scambio del surplus agricolo tra produttori e consumatori, è riuscito a ridirigere enormi quantità cibo dalla pattumiera alle mani dei consumatori. A proposito di agricoltura, che dire dell'innovazione che sfrutta gli scarti dei campi e diventa "altro"? Ma sentito parlare del "cuoio" (per accessori e scarpe vegan friendly) ottenuto dalla lavorazione delle foglie di ananas? Si chiama Piñatex, nasce alle Filippine e sta già intrigando gli stilisti. Ma questa è un'altra storia...