Un emozionante momento di condivisione mondiale: il 18 aprile al London's Town Hall Hotel di Londra è andato in scena un vero e proprio simposio corale. Tema? Il futuro del cibo e della gastronomia come veicolo di cambiamento.
Project Gastronomía - questo il nome dell'evento - sta costruendo un vero e proprio network globale di foodies multidisciplinari, ma anche organizzazioni, e professionisti del settore che intendono salvaguardare il futuro del loro ecosistema alimentare. Nato nel 2016 per volere dei rappresentanti del Basque Culinary Centre, IDEO, Azurmendi e Open Agriculuture del MIT Media Lab, il progetto ha lo scopo di cercare dei nuovi modi creativi per dare avvio a una cooperazione globale al fine di creare un impatto positivo per un futuro più sostenibile, salutare e delizioso.
A introdorre il simposio è stato chiamato Juan Carlos Arboley, food scientist, nonché manager del Food Industry Programme e direttore del Master in Scienze Gastronomiche del Basque Culinary Center. Arboley durante l'evento ha postulato che ci troviamo di fronte a un punto di svolta per quanto riguarda il nostro rapporto col cibo. Il progresso scientifico ha allungato la durata media di vita, ma col tempo il cibo potrebbe diventare un lusso vero e proprio. Arboleya vede un futuro in cui tecnologia, intelligenza artificiale e robotica giocheranno un ruolo chiave nel cibo e, in generale, tutti noi saremo più consapevoli di quello che mangiamo.
IL CIBO COME ESPERIENZA IMMERSIVA
Il gusto è un costrutto mentale, che si compone di odore, vista, suono, colore, musicalità e - ovviamente - gusto. Jozef Youssef, la mente creativa che si cela dietro Kitchen Theory ed editor dell'International Journal of Gastronomy and Food Science è stato il primo a salire sul palco della rosa di esperti che hanno condiviso teorie e ispirazioni in quello che è stato un esercizio collettivo di pianificazione del futuro. Il design multisensoriale, ha spiegato Youssef, diventerà sempre più importante nella misura in cui sposerà delle aspettative più soddisfacenti.
Ci stiamo avviando verso un approccio più scientifico all'ospitalità che ci permetterà di comprendere cosa spinge le persone ad apprezzare quello che mangiano da un punto di vista gastronomico, che coinvolgerà anche ospedali, scuole e case di cura, ha spiegato alla platea.
Youssef sostiene che è necessario insistere su una probabile carenza alimentare, come spinta che porterebbe a ricercare delle alternative più salutari e sostenibili per contrastare la fame nel mondo o una diminuzione di nutrienti in quello che mangiamo.
Creare un'esperienza più immersiva, connessa e collaborativa è il futuro secondo il fondatore dell'agenzia di design Afroditi Krassa: "I foodies non vogliono più vivere un'esperienza tranquilla a tavola; vogliono mischiarsi alla brigata e i confini tra ristorante e performance si stanno assotigliando sempre di più: è molto più educativo, è una fonte di ispirazione ed è molto più gustoso".
Charlotte Catignani, innovatrice R & D con un PhD in Medicinal Chemistry e con all'attivo un'esperienza di lavoro per Treatt opera per diffondere l'innovazine nell'industria gastronomica. Catignani vede nella tecnologia un futuro creativo per scelte alimentate personalizzabili, sostenibili e più gustose nel quotidiano.
PORTARE A TAVOLA LA BIODIVERSITà
Anche il ruolo degli chef è passibile di cambiamento, in quanto ad oggi è sempre più il lavoro meccanico viene compiuto da macchine e robot. Ma gli chef verranno coinvolti di più nell'ottimizzazione alimentare?
Virgilio Martinez, chef specializzato nella biodiversità, a Gastronomìa ha presentato sua sorella Malena Martìnez con cui ha sviluppato il Mater Iniciativa lab e il ristorante MIL nel cuore delle Ande.
Obiettivo dei Martinez è la valorizzazione degli ingredienti indigeni: 4200 patate, 1000 piante edibili solo in Amazzonia, 300 varietà di quinoa. Per mettere gli ospiti più a contatto con l'assoluta diversità di prodotti in base al microclima locale, Martinez ha presentato un menu ispirato alle diverse altitudini dalla giungla alle Ande che è stato servito a sole 20 persone. Parlando invece di come la tecnologia può essere impiegata per facilitare l'agricolutra, lo chef ha chiamato in causa i droni impiegati per studiare i vari tipi di suolo in diverse coltivazioni del Peru.
Guardando il tutto da una prospettiva più ampia, l'ambasciatore per lo sviluppo sostenibile, Paul Newnham del World Food Programme è irremovibile: "I nostri obiettivi mondiali sono mettere fine alla fame nel mondo e mirare alla sicurezza alimentare. Nella pratica, abbiamo bisogno del coinvolgimento di più persone nell'agricoltura e dobbiamo riconsiderare in che misura le colture che portiamo avanti sono utili sia agli acricoltori che alle persone".
IL FUTURO è NELLE NOSTRE MANI
Suddivisi in gruppi di gastromakers (tra cui erano presenti giornalisti, accademici, foodies, chef) alla platea è stato chiesto di delineare un ipotetico foodie del 2050 e un prodotto, servizio o modello di business. L'originalità, la creatività e la condivisione delle nostre idee hanno dato vita a risultati sorprendenti e divertenti, soprattutto nel vedere il prodotto o la tipologia di persona immaginata prendere forma. In tutti i pitch sottoposti durante il congresso non è mancata la proposta di monitoraggio dell'appetito tramite sensori indossabili e delle considerazioni sulla nutrizione in generale.
Parimenti la presa di coscienza dei problemi dei paesi insulari e più isolati hanno portato gli speaker a supporre un aumento di condivisione per quanto riguarda gli acquisti, ma anche il cucinare e il mangiare. Tra le proposte più innovative è spiccata "Dinecraft" un'app per aiutare le persone sole a comprare localmente, incontrarsi, cucinare e mangiare insieme, così come una sorta di spazzolino tecnologico capace di leggere le carenze nutrizionali, analizzare il frigo e mettere in guardia l'utilizzatore dai pericoli dell'iperalimentazione, sono solo alcune delle idee geniali che sono emerse durante il convegno. Guardando invece più in grande, è stato presentato GHS, acronimo che sta per Green Habitat Space, un vero e proprio spazio vivente con delle mura alimentate da acquari, quasi una sorta di kibbutz, in cui condividere competenze circa il giardinaggio, la cucina, lo spreco e il rapporto genitori/figli. Una proposta sicuramente più utopica, ma al contempo molto interessante.
Per tutto il giorno, quello che abbiamo provato è stato un sentimento comune di essere parte di un cambiamento epocale. Il prossimo passo? Il futuro non è quello che era prima, è chiaro. Project Gastronomia riporterà i risultati del simposio per ripensare il futuro in una chiave migliore e più sostenibile.
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