Cominciamo dalla storia: perché si chiama quinto quarto? Perché le frattaglie, tradizionalmente, erano le parti di scarto della macellazione. Tolti i quarti, rimanevano la coratella, la pajata, la trippa, gli zampi, il cervello, la coda e così via. Erano le proteine dei poveri, dal momento che in tempi antichi le categorie più misere di lavoratori erano ricompensate proprio con questi scarti animali. Da lì si è sviluppata una teoria di ricette della tradizione giudaico-romanesca che vedono protagonista appunto il quinto quarto: tanto per citarne solo alcuni, ci sono i rigatoni con la pajata, la coda alla vaccinara, il fritto di cervella e animelle, la coratella (spesso in accompagnamento con i carciofi), la trippa alla romana, l’insalata di nervetti.
Quel genere di piatti un po’ gore, dai sapori forti, dalle consistenze inaspettate e dall’odore importante. O li si ama o li si odia, più raramente si impara a conviverci. E questo può succedere soprattutto in una città come Roma: nel rispetto della tradizione, qui sono presenti a sprazzi in quasi tutti i menù. Di seguito un elenco di ristoranti capitolini che non si limitano ad avere qualche sparuta presenza in carta, ma che hanno fatto della cucina del quinto quarto un capitolo importante della loro proposta.
Quinto quarto e frattaglie: la lista dei migliori ristoranti di Roma
Checchino dal 1887
Mai come nel caso del quinto quarto si può dire che c’è un re di Roma assoluto: Checchino. La sua collocazione di fronte al mattatoio e la gloriosa storia che viene rigorosamente rispettata anche dalle gestioni più moderne ne fanno il riferimento cittadino per chi ama i piatti di frattaglie. Piatti inossidabili sono in carta probabilmente dall’apertura, come l’Insalata di zampi, così descritta: “Nervetti della zampa di vitella bolliti, disossati, serviti tiepidi in insalata con sedano, carote, fagioli borlotti, conditi con salsa verde”. I Rigatoni con pajata (“una salsa realizzata con pomodoro e intestino digiuno di vitello da latte”) sono un altro piatto inossidabile, la loro Coda alla vaccinara cuoce per 5 ore, con tutti i profumi della tradizione: “salsa di pomodoro con sedano, pinoli, uva passa e con una spolverata di cioccolato amaro”. Per i più coraggiosi, l’Arrosto misto è la summa del quinto quarto romano: contiene animelle, fegato, pajata e granelli, che sono i testicoli del toro.
Checchino dal 1887, Via di Monte Testaccio 30
Santo Palato
Abruzzese di nascita e romana d’adozione: con queste origini la cucina di Sarah Cicolini non poteva che essere hardcore. Sapori forti e ingredienti dalla spiccata personalità, che danno vita a piatti muscolosi da trattoria vecchio stile. Da Santo Palato il menù è solo per metà su carta, l’altra metà è affidato alla lavagna e alle consegne del giorno, che arrivano dal mercato e dai fornitori di fiducia, fra cui Roberto Liberati, nel caso della carne. Un piatto di frattaglie che non manca mai da Santo Palato è la Frittatina di rigaglie, ricetta della nonna di Sarah. Anche la Polpetta di coda alla vaccinara è un must inossidabile, sempre accompagnata da una salsa verde di levistico.
Santo Palato, Piazza Tarquinia 4 a/b
L’Osteria della trippa
Già che questo ristorante sia dedicato alla trippa, uno dei capisaldi della cucina romana, con il pomodorino e la mentuccia, è un chiaro indizio: qui le frattaglie sono di casa. Nuovamente troviamo al comando una donna, Alessandra Ruggeri, in questo caso in doppia veste, visto che si divide fra cucina e sala: imposta lei la linea, che viene finalizzata dai suoi collaboratori, quindi si dedica all’accoglienza dei suoi commensali. La trippa è cucinata in diverse versioni, dalla ricetta classica pomodoro e mentuccia a quella con i fagioli, passando per la Trippa fritta. Ma non c’è solo trippa nel repertorio della Ruggeri, ma molte ricette romane, molte delle quali comprendono le frattaglie: a seconda della stagione, si possono trovare il Carpaccio di testa, la Coda alla vaccinara, le Animelle al Marsala, i Rigatoni con la pajata e così via.
Osteria della trippa, Via Goffredo Mameli 15
La Dispensa dei Mellini
Susanna Sipione definisce il suo stile “gentile ma deciso” e afferma di amare la carne e il quinto quarto in generale, così alla Dispensa dei Mellini, il delizioso indirizzo sul Lungotevere, non lontano dall’inizio di via Cola di Rienzo, è possibile assaggiare piatti romani e ricette più o meno classiche a base di frattaglie. Ed ecco la Coda alla Vaccinara, sia come condimento per il primo piatto che come secondo a sé stante, ancora la Coratella (il mix di cuore, fegato, polmoni), la Trippa fritta cacio e pepe e un piatto distintivo come il Fritto alla Romana con il Pandorato (pane fritto), frutta, salvia, cervelletto e animelle.
La Dispensa dei Mellini, Lungotevere dei Mellini 31
Osteria Palmira
Una trattoria vecchio stampo, gestita dalla famiglia Rocchi che ha origini di Amatrice ed è nella ristorazione dagli anni Cinquanta. Questa trattoria in piena Monteverde, nella fattispecie, è aperta da quasi dieci anni ed è affidata alla verve di Claudio, figlio della Palmira a cui è dedicato il ristorante. Ci va chi ama le frattaglie, visto che sono servite fra gli antipastini, serviti nei coccetti vecchio stile: la Coratella con i peperoni è ricetta di famiglia, la Trippa alla romana segue la tradizione, il Patè di fegatini è ruvido come la tradizione del centro-Italia impone, Lingua testina e nervetti si mescolano in un antipasto freddo mezzo carpaccio e mezzo insalatina proteica.
Osteria Palmira, Via Abate Ugone 29