Mancava da oltre due anni e il successo del Roma Bar Show era assicurato. Ha superato quota diecimila presenze solo calcolando i biglietti venduti: era il record dell’edizione del 2019 da superare. Oltre 150 aziende che hanno partecipato alla due giorni del 30-31 Maggio 2022 al Palazzo dei Congressi di Roma e che hanno portato i loro prodotti di punta, ma anche chicche in esclusiva, da far conoscere al grande pubblico della mixology. Tra addetti ai lavori, espositori e bartender, e semplici appassionati che hanno girato fra gli stand e partecipato alle decine di masterclass.

Leo Robitschek del The NoMad dietro il bancone del The Court
Roma Bar Show 2022: gli highlights
Liquoristica italiana e ospitalità nostrana: Italians do it better
Se c’è qualcosa che si percepisce bene in una manifestazione come questa, ambientata a Roma è che c’è un grande orgoglio (nostro) e rispetto (degli stranieri) per la miscelazione all’italiana. Sono italiani alcuni fra i grandi maestri che si sono avvicendati fra palchi e stand. Tra questi Salvatore “the Maestro” Calabrese che con il gin Engine ha preparato sul palco dell’Auditorium del Palazzo dei Congressi il “gin più giovane del mondo” e che nella serata del 30 al The Court ha animato il bancone con alcuni fra i suoi signature più famosi.
Oppure Alessandro Palazzi, che ha fatto la storia con il suo gin trolley su cui prepara il Martini al tavolo del Dukes di Londra e che al Roma Bar Show ha presentato con un London Dry dall’anima italiana, con il N.3 di Pallini come protagonista.
Moltissimi anche i distillati in degustazione che parlavano italiano: la liquoristica nostrana sta sempre più conquistando il mondo, con gli amari che sono entrati di diritto nelle drink list dei bartender internazionali, ma anche i tantissimi gin italiani che stanno rubando la scena ai più famosi inglesi.

Cristian Silenzi del Savoy di Londra (a sinistra) e, a destra, Tony Pescatori del Nightjar sempre a Londra
Grande festa dentro e fuori il Roma Bar Show
E se la manifestazione era al Palazzo dei Congressi all’Eur, sulla cui cima era stata allestita la Terrazza Martini, in tutta la città si sono svolti eventi in stile “fuori salone”, già dal 29. I più famosi locali romani sono stati lo scenario di un vero e proprio grande evento diffuso, con decine di guest, nazionali e internazionali.
C’è chi ha scelto, come Ru.De, il locale di Centocelle che ha rivoluzionato il quartiere di periferia della città, di organizzare una serata di guest tutta con colleghi italiani, da Nord a Sud. Lo ha fatto il 29, nella serata di anteprima sponsorizzata da Sanpellegrino e Bitter Fusetti, durante la quale si sono avvicendati dietro al bancone i ragazzi della Fesseria e le ragazze del Pepi Vintage Room da Napoli, quelli del Depero da Rieti, da Milano venivano i bartender dell’Iter, da Lecce i ragazzi del Quantobasta, da Ischia quelli del Porto 51 e infine il Mancho chiosco Bar di Roma giocava in casa.

Matteo Zed mattatore al suo The Court
Altri hanno optato per le guest internazionali e molti sono stati i bartender del circuito dei 50 Best Bars. Nella serata del 30 il The Court di Roma, con la collaborazione di Perrier, ha ospitato Leo Robitschek del NoMad Hotel di Londra, pluripremiato cocktail bar nel cuore di Covent Garden. La sera successiva, al Freni e Frizioni di Trastevere sono stati protagonisti due big come Maros Dzurus dell’Himkok di Oslo e Vasilis Kyritsis del The Clumsies di Atene.
Aperitivo “no alcol”: la nuova sensibilità
Nella masterclass promossa da Sanpellegrino e Perrier dedicata a sodati e bollicine analcoliche, Alex Frezza, patron dell’Antiquario di Napoli, ha raccontato come stia cambiando la percezione verso i cosiddetti “mocktail”. Per anni, dice, sono stati relegati al rango di succhi di frutta, ma oggi c’è una nuova sensibilità, sia da parte dei bartender che della clientela, che li chiede sempre più spesso, nel rispetto del concetto di “bere responsabilmente”.

Un cocktail "no alcol" realizzato con Bibite Sanpellegrino
Il trucco, spiega, è quello di servire drink che solo l’occhio esperto del barman sappia riconoscere come analcolici. “È una questione sociale”, fa capire il bartender napoletano, da sempre attento ai bisogni della sua clientela. “La vera rivoluzione – dice – ci sarà quando riusciremo a servire anche drink analcolici in coppetta. Per adesso mancano i prodotti adatti, ma nel futuro chissà".
Tutte le immagini Jean-Philippe Vaquier