Bisogna instaurare un patto di trasparenza con chi si siede a tavola. Capirai con gli occhi quello che mangi e il sapore rispecchierà quello che vedi. E' questo il mantra della chef bistellata Valeria Piccini, patron del ristorante Da Caino di Montemerano. Capofila dei cuochi che hanno intepretato in chiave gourmet la grande cucina toscana, è stata tra le maestre di cucina di Niko Romito, chef 3 stelle Michelin del Ristorante Reale di Castel di Sangro. Tra i suoi allievi anche lo chef Paolo Meneguz del ristorante Fre a Monforte d'Alba e Alessandro Sciortino del ristorante Saur di Orzinuovi.
Cuoca autodidatta, ha studiato chimica, per poi appassionarsi agli ingredienti e alle specialità toscane. "Ho preso in mano, da giovanissima, il ristorante della famiglia di mio marito - racconta Valeria Piccini -. Mia suocera Angela, con grande intelligenza e lungimiranza, capì la mia passione e mi lasciò la sua cucina. Non è da tutti fare "un passo indietro" così e io la ringrazierò sempre per la fiducia che mi ha dimostrato. Credo di non averla delusa".
Sorridente e solare, Valeria Piccini ha un aspetto materno rassicurante, ma sa sfoderare tutta la sua tecnica quando parla dei piatti che crea.
Ecco i suoi piatti icona, che ha presentato all'hub internazionale di alta cucina di Identità Golose in via Romagnosi 3 a Milano.
Tartare di manzo con mandorle, nocciole, olio verde e tartufo nero
Credit: OnStageStudio per Identità Golose
La scelta della chef per questo antipasto cade sulla carne della razza maremmana, "un po' tenace al morso ma speciale - spiega la Piccini-. Richiede una frollatura di circa 45-60 giorni, ma ha un gusto eccezionale. In questo piatto la presento cruda, con ingredienti che sappiano valorizzarla come la crema di nocciole che dà grassezza e una spruzzata di limone per l'acidità. Inserisco anche le mandorle tostate, a cui lascio la "pellicina" per favorire la masticazione. Si continua con una estrazione di prezzemolo a cui è stata aggiunta una piccola quantità di acciuga per la sapidità. Per finire, filangè di tartufo per riavvicinare la carne alla terra". Equilibrio e grande piacevolezza per un piatto sincero e ricco di gusto.
Risotto con cipolle, limone e acciughe
credit: OnStage Studio per Identità Golose
L'idea della chef era creare la perfetta concentrazione delle cipolle che crescono nel suo orto. Si parte da un brodo di cipolle rosse, bionde e bianche che servirà a bagnare il riso. La partenza è a secco, con il riso messo a tostare in padella senza grassi, poi bagnato con un goccio di vino bianco. La cottura procede con i chicchi che vengono bagnati con il brodo di cipolle. Prima della mantecatura si aggiunge una estrazione di cipolle che regala una forte nota dolce, piacevole e non eccessiva. Si manteca con olio toscano e Parmigiano Reggiano. Una volta steso il riso sul piatto si spolvera con la buccia della cipolla essicata e tritata per un tocco amaro e losanghe di acciuga per una sferzata di sapidità.
Guancia di manzo come un peposo, con radici
Credit: OnStageStudio per Identità Golose
Il peposo è un piatto tipico toscano che veniva preparato da coloro che gestivano le fornaci in cui si cuoceva la terracotta. I lavoratori prendevano le parti meno nobili e meno costose della carne, aggiungevano tanto pepe, vino e cipolla e lasciavano cuocere nei forni in un tegame. La chef è partita da questa antica tradizione per ripensarla in modo gourmet. La guancia di manzo viene lasciata marinare per almeno 12 ore con pepe pestato, vino rosso e cipolla. Il giorno dopo si rosola la carne e si aggiunge cipolla e pepe, e si bagna col vino della marinata. Si cuoce coperta per due o tre ore fino a farla diventare morbidissima. La salsa viene filtrata: la parte liquida servirà per la glassatura della guancia, mentre la parte che contiene il pepe diventa una purea che viene messa alla base del piatto.
Anche qui la carne “torna alla terra” con un accompagnamento di crema di topinabur, sedano rapa, rape rosse e bianche, carote tradizionali e viola, cotte sottovuoto e condite all’ultimo momento con olio e aceto.
Le radici, con la loro amarezza, riescono a "pulire" perfettamente il palato dalla componente grassa e di collagene della carne.
Emulsione di arancio e olio extra vergine d’oliva con gelato di latte di capra e pepe
Credit: OnStageStudio per Identità Golose
Questo dolce nasce da un ricordo d'infanzia di Valeria Piccini. La nonna infatti, come merenda, le dava una fetta di arancia pelata al vivo, condita con zucchero, pepe e olio. Il succo rimasto dell'arancia andava ad impregnare una fetta di pane toscano. Con questi sapori nella mente e nel cuore, la chef prepara una crema leggera a base di succo di arancio addensato con agar agar e montato con olio extravergine di oliva. Per dare intensità, un gelato al latte di capra, impreziosito con un pizzico di pepe che dà freschezza.