Manca poco alla finale regionale di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-2023. L’evento si svolgerà a Milano il 28 gennaio nello “Spazio Arena”, nel corso di Identità Golose 2023, il Congresso internazionale di cucina e pasticceria d’autore, che come di consueto si terrà al MiCo. I dieci finalisti italiani, seguiti dai loro mentori, sono pronti a sfidarsi per accedere alla Grand Finale del 2023 e conquistare il prestigioso titolo. In vista della finale italiana del 28 gennaio, conosciamo meglio i talenti under 30 con i rispettivi chef mentor: oggi vi presentiamo il finalista Paolo Anzil, chef del ristorante Dada in Taverna di Milano, e il suo mentor Eugenio Boer, alla regia del ristorante Bu:r, sempre nella città meneghina.
Paolo Anzil, young chef
Classe 1992, fino a qualche anno fa Paolo Anzil si occupava di progettazione meccanica per treni ad alta velocità, ma la passione per la gastronomia è sempre stata nelle sue corde. Un corso di cucina base al Politecnico conferma la sua strada e, dal giorno stesso della sua laurea, impugna il coltello e decide di fare il cuoco. Frequenta l’Alma a Colorno, impara le basi della ristorazione e inizia subito a fare esperienza sul campo: lavora per il ristorante 3 stelle Michelin Dal Pescatore Santini. In seguito, si sposta a Milano, dove lavora per Marco Ferretti al Camparino. Oggi è al timone della cucina di Dada in Taverna, nel capoluogo lombardo, ed è a tutti gli effetti uno chef, anche se non ama particolarmente essere definito in questo modo. Gli piace sperimentare e ricercare ingredienti nuovi da provare, realizza menu diversi ogni giorno, rispettando i prodotti di stagione e cercando sempre di mettersi alla prova. La cosa che gli piace di più di Dada in Taverna? il rumore della cucina quando la sala è piena e c’è da correre.
Il signature dish che presenterà Paolo alla finale italiana di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition 2022-23 si chiama Borsch. “Si tratta dello stravolgimento di qualcosa di molto classico e tradizionale. Il fatto che sia legato alla cucina povera non è motivo particolare di scelta, sebbene lo si preferisca. Si vuole portare una minestra senza le sembianze di una minestra, riuscendo a servirla fresca: l’idea è quella di scegliere un elemento che di solito si associa al caldo, allo stracotto, che è la rapa rossa o il Borsch, in quanto tale, e di dargli una rinfrescata con un tono nuovo, anche con la presenza di un drink che diventa il brodo della minestra”, speiga. Cosa si aspetta da questa esperienza? “Per me sarà sicuramente una sfida, per mettere in gioco me stesso e le mie idee. Spero di incontrare e conoscere persone che condividano il mio lavoro e la mia passione, per crescere. Non la vedo molto come una competizione, quanto come un’occasione di mettersi in gioco e fare bene il proprio”.
Eugenio Boer, mentor
Nato da padre olandese e madre ligure-siciliana, Eugenio Boer è uno chef non poco curioso, con una visione di respiro internazionale e un approccio italiano, oggi alla regia di Bu:r, il suo ristorante a Milano. Trascorre i primi anni della sua vita in Olanda, per poi trasferirsi nel Belpaese, dove trascorre molto tempo ai fornelli, ammirando quello che fa la nonna. La passione per la cucina ha la meglio sul diploma in ragioneria: passa per la corte palermitana di Alberto Rizzo, ma lavora anche al fianco di Kolja Kleeberg a Berlino, di Gaetano Trovato in Toscana, a Colle Val d'Elsa, e al St. Hubertus, in Alta Val Badia, nella brigata di Norbert Niederkofler, oggi 3 stelle Michelin. Da ognuno di questi maestri Eugenio eredita qualcosa che fa suo: dai crismi dell’alta cucina al rigore, dalla ricerca della bellezza alla libertà creativa. La sua cucina è molto personale e i suoi piatti sono spesso figli di ricordi e memorie di luoghi e persone che hanno segnato la sua esistenza.
Come affronterà la finale di S.Pellegrino Young Chef Academy Competition assieme a Paolo? “Ci stiamo preparando con molta tranquillità: le competizioni vanno sempre affrontate con consapevolezza e serenità, e Paolo è un ragazzo molto consapevole e tranquillo”, risponde lo chef. “Sto dando a un supporto molto tecnico: Paolo ha la giusta esperienza per capire come il suo piatto può uscire al meglio, diciamo che il suo signature dish era già pronto, io mi sono soffermato su qualche tecnicismo, la nostra collaborazione è stata molto empatica”. L'esperienza di mentor? “Molto bella, l’ho vissuta in maniera tranquilla e serena”.