C’è un’atmosfera di raccoglimento quando si varca la soglia di Da Oscar, un luogo in cui la cucina esprime la sua identità senza bisogno di orpelli. Le pareti dai toni neutri, la luce filtrata che accarezza arredi minimali e pochi quadri scelti con attenzione: ogni elemento sembra essere lì per mettere in risalto ciò che conta davvero, ovvero la tavola. In sala, tutto appare misurato e sobrio, lasciando che siano i piatti a conquistare lo sguardo e, soprattutto, il palato.
Oscar Lonati, unico artefice di ciò che accade dietro ai fornelli, ha costruito la sua proposta su una filosofia di integrità rigorosa. Più che rincorrere tendenze, qui si ricerca la purezza dei sapori e la selezione accurata delle materie prime guida ogni gesto in cucina. Ogni ingrediente viene scelto in base a stagionalità e prossimità, in modo da dare risalto al territorio senza alterazioni superflue. La sua idea di cucina si concentra sull’essenziale: pochi elementi giustapposti, valorizzati da cotture precise e da presentazioni che rinunciano al superfluo, puntando sulla nitidezza.
Tra i tavoli si riverbera un profumo che muta con i mesi, riflettendo l’andamento dei prodotti locali. Anche la mise en place segue questa sobrietà, con piatti dai bordi sottili che accolgono portate dove il colore naturale degli ingredienti predomina. Nessun eccesso decorativo, ma piuttosto una cura chirurgica nell’accostamento dei sapori, dove ogni boccone sembra raccontare una storia di stagioni e territorio.
La coerenza del menù emerge piatto dopo piatto: qui, la ricerca non si culla mai nella ripetitività e neppure indulge nelle mode di passaggio. Si percepisce una coesione salda, che trova nella qualità della materia prima e nella tecnica asciutta il suo equilibrio. La menzione in Guida Michelin sancisce, non tanto un traguardo di visibilità, quanto la riconoscibilità di una proposta gastronomica che ha saputo creare un lessico suo, rigoroso ma mai ostentato.
Da Oscar non cede ai compromessi: l’esperienza qui parla il linguaggio della precisione e della schiettezza, in cui tecnica e ispirazione convivono senza mai imporsi sull’essenzialità del gusto. Un luogo che restituisce a ogni piatto il valore antico della verità in cucina.