Novecento

Varcare la soglia di Novecento significa immergersi in un ambiente che dialoga con la storia di Melfi attraverso linee sobrie e dettagli contemporanei. Superfici in legno chiaro, giochi di luce soffusa e dettagli di artigianato locale disegnano uno spazio raccolto, dove ogni tavolo mantiene un senso di intimità. L’atmosfera è elegante senza mai apparire austera; respira la calma di una sala in cui il tempo sembra rallentare per lasciare spazio a ciò che accade tra sapore e memoria. In cucina, la brigata si muove secondo una precisa filosofia: mettere il territorio al centro, rivisitando le ricette della Basilicata senza sovrastarne l’essenza. Qui non si inseguono mode effimere, ma si predilige una stagionalità rigorosa, espressa in menù che cambiano abbastanza spesso da seguire il ritmo della natura. Gli ingredienti arrivano freschi ogni giorno, selezionati secondo una logica che privilegia piccole produzioni locali, erbe spontanee e carni provenienti dai dintorni. Al primo sguardo, i piatti colpiscono per geometrie pulite e colori sempre in equilibrio. La presentazione non rincorre l’effetto sorpresa, ma piuttosto accompagna la curiosità del palato con una composta eleganza: un brodo ristretto che avvolge un agnello tenerissimo; ortaggi di stagione lavorati con tocchi gentili di acidità; cereali antichi che restituiscono texture sorprendenti senza mai rubare la scena alla materia principale. Ogni assaggio svela una coerenza rara tra consistenza e intensità aromatica, con sapori che si aprono in progressione, senza alcuna nota invadente. L’odore di pane appena sfornato e il profumo erbaceo degli oli extravergine usati a crudo contribuiscono a disegnare un’esperienza dove il dettaglio domina senza eccessi. La cucina di Novecento si descrive come solidamente radicata, senza concessioni agli orpelli: il rispetto per la memoria contadina convive con piccoli gesti di tecnica contemporanea.  In questo equilibrio, la sala rimanda l’essenza di una Basilicata autentica, fatta di sfumature e silenzi, in cui ogni portata sembra dialogare in modo sobrio con la terra che la ispira. Il risultato è una cucina che preferisce il passo lento, unendo concretezza e sensibilità in una narrazione tutta lucana, equilibrata, rigorosa e profondamente personale.