Al Gambero Rosso, l’esperienza si costruisce gradualmente, a partire dal primo impatto visivo: uno spazio intimo e curato nei dettagli, in cui dominano toni chiari e linee essenziali, scandite dalle sfumature della pietra locale e dal calore del legno. L’atmosfera evoca la placida eleganza della costa calabrese, con scorci luminosi che filtrano attraverso le vetrate, dissolvendo ogni barriera tra interno ed esterno. Il progetto d’arredo è discreto, studiato per non sottrarre attenzione alla cucina e alle sue suggestioni. Riccardo Sculli conduce la cucina con un rigore che non sacrifica mai il piacere del racconto gastronomico. La sua filosofia privilegia la materia prima pura e riconoscibile, trattata con rispetto assoluto per stagionalità e freschezza. Tecnica solida e interpretazione personale sono alla base di ogni proposta, in un dialogo continuo con la tradizione locale e con l’ambiente mediterraneo che si respira anche nei profumi che arrivano dalla cucina: note saline, sentori erbacei, accenti agrumati tipici della regione. La carta si snoda fra piatti che svelano l’identità più autentica della Calabria senza mai cedere a forzature decorative. L’impiattamento resta sobrio, geometrico, lasciando che le cromie naturali degli ingredienti siano protagoniste — il candore della ricciola appena scottata, i verdi brillanti delle erbe spontanee, il rosso trasparente del pomodoro confit. L’attenzione alla leggerezza accompagna ogni portata: tecniche di cottura misurate e marinature delicate permettono di percepire nettamente la qualità delle materie prime locali, spesso provenienti da piccole realtà artigianali. Con una stella Michelin a consacrare un percorso coerente, il Gambero Rosso costruisce il suo racconto gastronomico su equilibrio e misura. Ogni degustazione si trasforma in una sequenza di sapori definiti, dove la presenza del mare è costante, ma mai invadente; i prodotti dell’orto e le spezie tipiche della zona richiamano il rapporto vivo con il territorio. Nessun artifizio, nessuna concessione alle mode effimere: il percorso pensato dallo chef riflette una cucina personale, in grado di armonizzare tradizione e contemporaneità, senza perdere di vista il senso del luogo e l’essenza della materia.