Dietro una facciata ottocentesca che si affaccia su una delle piazze più eleganti di Lucca, si cela un ambiente in cui l’equilibrio fra storia e contemporaneità si respira a ogni dettaglio. L’arredo di Giglio sfugge al superfluo, scegliendo linee pulite, tavoli ben distanziati, luci soffuse che riscaldano la palette chiara degli interni, lasciando che il focus vada istintivamente alla tavola. Qui, la mise en place è essenziale, accurata senza ostentazioni, in sintonia con una sala che rifugge la teatralità per privilegiare intimità e concentrazione sui sapori. Nel cuore della cucina agisce un trio di chef – Stefano Terigi, Lorenzo Stefanini e Benedetto Rullo – che ha costruito la propria cifra su una ricerca continua dell’essenziale. La loro filosofia si esprime nel rispetto profondo per la materia prima, selezionata con attenzione tra fornitori locali e piccoli produttori, per valorizzare la stagionalità e il territorio. Ogni piatto appare come un tributo silenzioso a ingredienti poco manipolati, lavorati con tecnica precisa per ottenere una purezza di gusto quasi didattica, sempre bilanciando modernità e solidità gastronomica. L’esperienza sensoriale di Giglio si compone di profumi netti, come il sentore fresco delle erbe di campo nei condimenti o le note iodate che emergono delicatamente dai piatti di pesce. Il ritmo della degustazione è scandito da composizioni minimaliste: porzioni composte, cromie naturali nel piatto, presentazioni che privilegiano nitidezza e sobrietà, lasciando spazio all’immaginazione del commensale senza sovraccaricarlo di decorazioni. La cucina non indulge mai in effetti speciali né rincorre le tendenze più effimere; al contrario, ogni portata mira a far riscoprire la riconoscibilità dei sapori, reinventati senza compromessi. La reinterpretazione di alcuni classici regionali trova un punto di equilibrio fra fedeltà alla tradizione e slancio creativo, senza cedere a forzature. Il risultato è una passeggiata gastronomica che comunica competenza e coerenza, in silenzioso dialogo con le radici toscane. Nel percorso di Giglio si avverte così il desiderio di costruire un linguaggio personale, sobrio ma incisivo, dove le componenti sensoriali, dall’aroma al colore, dalla consistenza alla temperatura, sono orchestrate con mano esperta, puntando a una cucina che parla con chiarezza e misura.