Isabella Potì e Floriano Pellegrino sono due tra gli chef più riconoscibili della nuova cucina italiana.
Coppia nella vita e nel lavoro, guidano Bros’, un luogo dove il Salento dialoga con il mondo attraverso tecnica, visione contemporanea e una forte identità territoriale. Lei precisa, istintiva e instancabile; lui esplosivo, ironico e radicale: due personalità diverse che si completano e si sfidano ogni giorno ai fornelli.
In questa intervista doppia li abbiamo messi uno di fronte all’altra (e anche un po’ di traverso): prima Isabella racconta Floriano, poi Floriano racconta Isabella. Ne esce un ritratto intimo e divertente fatto di ingredienti-simbolo, ricordi d’infanzia, sogni, guilty pleasure e piccoli segreti da cucina condivisa. Un botta e risposta veloce, affettuoso e senza filtri, che restituisce la loro complicità e la loro idea di cucina.
Isabella racconta Floriano
Qual è l’ingrediente che proprio non gli piace cucinare?
I crauti.
Cosa sognava di fare da bambino?
Il cuoco, da sempre. Se non avesse fatto il cuoco, sarebbe stato un bravissimo avvocato.
Per quale personaggio storico o famoso cucinerebbe Floriano e cosa gli servirebbe?
Il nostro timballo di anatra per Napoleone Bonaparte.
Se la cucina di Floriano fosse una canzone, quale sarebbe?
Mi viene in mente più un artista che una canzone: Travis Scott.
Cosa gli cucina quando ha bisogno di tirarsi su?
Quello che ho cucinato ieri sera a cena: una bellissima, buonissima pasta con sughetto di pesce fatto da scorfani e pesciolini piccoli, quelli che nessuno si fila al bancone del pescivendolo. Un sughetto bello, molto pepato, con tanta pasta. In generale la pasta. Trecento grammi di pasta e a Floriano torna il sorriso.
Se Floriano fosse un ingrediente o un piatto, cosa sarebbe?
Se fosse un ingrediente sarebbe un limone, un po’ acido però molto profumato, aromatico, complesso e versatile. Se fosse un piatto, direi un bel piatto di cicorie selvatiche: un po’ amare, un po’ cattivelle, un po’ strong. Ma autentiche.