Dietro la solida reputazione della Buca di San Francesco si avverte quell’impronta garbata che nasce da una raffinata sinergia tra tradizione umbra e consapevolezza contemporanea. Sin dal varcare la soglia, si viene accolti da un’atmosfera intima: pareti in pietra, soffitti a volta e una luce che si diffonde morbida tra gli arredi dal gusto sobrio. Gli elementi architettonici antichi convivono con piccoli dettagli contemporanei, in un ambiente che dialoga con la storia del luogo senza ostentarla.
La cucina, orchestrata con rigore da Stefano Ulivieri, non rincorre le mode, ma si muove su un registro di precisa coerenza con il territorio. L’approccio dello chef si traduce in piatti che esprimono profondamente la stagionalità e raccontano l’Umbria con rispetto e misura. Gli accostamenti lasciano spazio alla materia prima, selezionata con accuratezza: nelle stoviglie spesso prevalgono ingredienti del territorio, interpretati con tecnica attenta e mai eccessiva. Ogni portata riflette una ricerca di equilibrio tra autenticità del sapore e correttezza nella realizzazione, evitando sovrastrutture inutili o estetismi fuori misura.
Il riconoscimento da parte della Guida Michelin, sotto forma di menzione, testimonia un valore solido: non ci sono concessioni spettacolari alla presentazione ma la cura per i dettagli si percepisce, dal profumo intenso delle erbe fresche che accompagnano un antipasto alla cromia naturale di un contorno di stagione. L’esperienza culinaria si svolge così su un filo sottile, dove la classicità si sposa con la coscienziosità contemporanea, e ogni piatto invita a soffermarsi sulla delicatezza dei sapori che si raccontano senza trucchi.
Ulivieri stesso definirebbe la sua cucina come un esercizio di sincerità verso ingredienti e tecnica, priva di enfasi autoreferenziali. Chi si accomoda ai tavoli della Buca di San Francesco si trova immerso in un racconto misurato, dove la centralità del prodotto umbro viene esaltata senza bisogno di eclatanti dichiarazioni stilistiche. Una tavola che conquista con una discrezione rara, parlando la lingua della qualità riconosciuta dagli intenditori.