Nel tessuto sfaccettato della cucina fiorentina, Giotto si fa notare per un approccio che rifugge l’ostentazione, preferendo la concretezza di una ricerca instancabile sull’impasto e sulle sfumature del gusto. La regia di Marco Manzi si manifesta in ogni dettaglio, a partire dalla selezione dei fornitori fino alle lavorazioni in laboratorio: ogni etapa della preparazione della pizza viene calibrata per rispettare e valorizzare la materia prima, nell’equilibrio tra tradizione e un’innovazione che non desidera stupire a tutti i costi, ma semplicemente migliorare l’esperienza. L’ambiente sembra studiato proprio per lasciare spazio ai sapori: sobri toni neutri, arredi privi di superflui richiami decorativi, luci che accarezzano i tavoli senza prevaricare, creando un’atmosfera rilassata e raccolta in cui nulla disturba l’attenzione del commensale sul piatto. Anche la presentazione delle pizze riflette questa filosofia: il disco dorato, dai bordi ariosi ma non eccessivi, accoglie ingredienti selezionati con cura quasi reverenziale, evitando ogni ridondanza. L’impasto è la dichiarazione d’intenti: lavorato con tempi di lievitazione lunghi, che sfiorano le ventiquattro ore, si presenta con una fragranza sottile e una sofficità che non appesantisce. Il profumo - un misto di pane appena sfornato, lievito naturale e note legnose - introduce ogni morso, rendendo percepibile la dedizione dietro ogni passaggio. La scelta delle materie prime si focalizza su eccellenze italiane, senza cedere alla tentazione di inserire ingredienti esotici o superflui; ogni abbinamento viene ponderato per esaltare la tradizione campana, riletto alla luce di sensibilità contemporanee. La filosofia dello chef si potrebbe sintetizzare nella ricerca di equilibrio: nessun gusto sovrasta gli altri, ogni ingrediente dialoga in armonia. Il risultato è un’esperienza che si distingue nel panorama cittadino più per la precisione della proposta che per effetti scenici. Da Giotto la pizza diventa un terreno di confronto tra memoria e innovazione, senza mai perdere in genuinità o freschezza. L’essenzialità domina, sia in sala che nella cucina, per un risultato che conquista i palati in cerca di autenticità e leggerezza.