Varcare la soglia de Il Clandestino significa immergersi in una dimensione votata alla sorpresa e all’esplorazione. La cifra stilistica dello chef Moreno Cedroni aleggia silenziosa in ogni dettaglio, suggerendo la sua propensione alla continua ricerca e il desiderio di rompere gli schemi della cucina tradizionale. Non ci si siede qui per trovare comfort in consuetudini rassicuranti: la sala – seppure non descritta nei minimi particolari – rispecchia il carattere schivo del nome stesso, rivelando solo a tratti la sua anima tra luci fioche e materiali che accarezzano con discrezione i sensi.
L’esperienza al tavolo prende forma senza una sceneggiatura prefissata. I piatti arrivano e sorprendono per accostamenti che smentiscono qualsiasi aspettativa, mentre la presentazione si ritaglia uno spazio elegante e teatrale, mantenendo però un’aura di sincera essenzialità. Le cromie di ingredienti mai dichiarati in anticipo catturano lo sguardo: consistenze alternate, trame che celano incursioni nel crudo, nel cotto, nel fermentato. Il ritmo della degustazione, scandito senza fretta, permette di decifrare ogni nota, spaziando dalle alghe croccanti che sussurrano il respiro dell’Adriatico ai tocchi di agrumi che ravvivano preparazioni inaspettate.
La cucina di Cedroni non coltiva una firma rigidamente riconoscibile, preferendo ridefinirsi di stagione in stagione, talvolta anche nell’arco della stessa serata. L’impressione costante è quella di un territorio che si lascia reinterpretare con tatto e ironia, senza inseguire l’ansia del riconoscimento immediato. La sorpresa si fa strumento di dialogo tra chef e commensale, in un gioco continuo di suggestioni che rifugge le etichette, ben lontano dalle celebrazioni di prammatica.
L’aroma del mare non è mai un semplice fondale, ma un punto di partenza da cui si diramano variazioni eclettiche: il racconto passa attraverso piatti capaci di catturare la memoria olfattiva e visiva, e ogni sfumatura è calibrata per instillare curiosità piuttosto che compiacere previsioni. Scegliere Il Clandestino non significa affidarsi a promesse rassicuranti, ma lasciarsi tentare da una narrazione culinaria che mette la scoperta personale al centro, accompagnati dall’istinto creativo di uno chef che fa dell’indefinibile la sua cifra più autentica.