Sensuali, aromatiche, sfiziose e capaci di esaltare i nostri piatti, le salse sono sempre pronte a insegnarci qualcosa di nuovo sul rapporto tra cucina e scienza. Partiamo da una considerazione a prima vista banale: le salse devono essere vellutate. Esistono salse poco omogenee, ma le più apprezzate sono quelle che “accarezzano” il palato.
Una salsa, nella stragrande maggioranza dei casi, è un’emulsione, cioè l’unione di almeno due liquidi che tendono a separarsi tra loro. Per esempio, la vinaigrette è formata da olio e aceto: si tratta di micro gocce di aceto disperse nell’olio, per regalarci una salsa che sembra liscia ma, dopo qualche minuto, si separa.
Come fare le salse: emulsione e fluidità
È possibile garantire maggior vita a un’emulsione o aumentarne la fluidità? Certo, a patto di imparare qualche nozione scientifica. Dovete sapere che, in un’emulsione, il liquido che si trasforma in gocce è detto “fase dispersa”, mentre quello che le circonda è la “fase continua”. È quest’ultima che viene percepita maggiormente dalla lingua a livello tattile, mentre la fase dispersa è quella che aggiunge note aromatiche forti, come il sapore acido. Sapete perché la maionese è così vellutata ed equilibrata? Perché la parte grassa è quella continua, mentre in quella separata c’è il limone.
Il potere degli emulsionanti
Il problema di buona parte delle emulsioni è che dopo qualche tempo vanno incontro al fenomeno della “coalescenza”: le piccole goccioline di fase dispersa si unisco tra loro, per riformare il liquido originario e separarsi dalla fase continua. Maggiore è la propensione alla coalescenza, meno vellutata è la salsa. Per risolvere il problema dobbiamo sfruttare una caratteristica propria della maionese: usare un “emulsionante”.
Una sostanza, cioè, che stabilizza il rapporto tra fase dispersa e continua. Nella maionese si tratta della lecitina, un fosfolipide presente nel tuorlo. I fosfolipidi sono molecole con due teste: una si lega bene con liquidi a base d’acqua, l’altra, al contrario, li respinge. Se, dunque, aggiungiamo del tuorlo d’uovo a una vinaigrette, succede la magia: le teste dei fosfolidi solubili nell’aceto - che è a base di acqua - si dissolvono, mentre le altre creano una sorta di barriera. Col risultato che la vinaigrette viene invertita: non è più composta da piccole gocce di aceto disperse in olio, ma il contrario. Otteniamo, così, un duplice effetto: una salsa più stabile e bella da vedere, e un sapore più delicato.
Il tuorlo, che va usato crudo e freschissimo, è un emulsionante molto potente, ma non l’unico. La senape, per esempio, contiene un polisaccaride dall’effetto più blando della lecitina, che aggiunge una nota aromatica più caratteristica rispetto al tuorlo.
Anche l’amido di mais funziona bene come emulsionante, agendo però in modo diverso: addensa il composto e fa in modo che le particelle della fase dispersa siano più immobili e vadano incontro alla coalescenza con maggiore difficoltà.
La vinaigrette perfetta
Per mettere in pratica quanto imparato, non ci resta che vedere una ricetta veloce, ma molto scientifica, per una vinaigrette da urlo. Una salsa omogenea anche dopo diversi minuti, vellutata e molto saporita. Al punto che pochi crederanno si tratti di una banale vinaigrette!
Per prepararla, occorrono mezzo scalogno tritato, mezzo cucchiaio di maionese, mezzo di senape di Dijon, un cucchiaio di aceto di vino, un cucchiaino di sale e tre cucchiai di olio extra vergine di oliva e un pizzico di pepe. Mescolate per bene tutti gli ingredienti tranne l’olio. Lo aggiungerete a filo, in un secondo momento, sempre montando il composto con una forchetta. Risultato garantito, specie per dei favolosi pinzimoni o come originale condimento per la carne alla brace.