Un po’ di peperoncino e via: con un semplice gesto, siamo in grado di dare una sferzata di sapore a ogni piatto. Non a tutti, però, piace il piccante, o per lo meno, non a tutti solletica l’idea di dover alternare un boccone a un bicchiere d’acqua: ecco perché, spesso, si è alla ricerca di trucchi per stemperare questo effetto. Uno dei più gettonati, tra le credenze popolari, è rimuovere i semi dei peperoncini, perché sono in molti a sostenere che, in questo modo, si riduce la piccantezza. È davvero così? Per capirlo, occorre studiare un po’ come funzionano i peperoncini nel nostro palato.
Perché i peperoncini sono piccanti
Dovete sapere che la caratteristica piccantezza dei peperoncini, in realtà, nasce come deterrente. I peperoncini, che sono veri e propri frutti, non vogliono essere mangiati. Per lo meno, non da tutti. È un fenomeno scoperto negli anni ’60, che prende il nome di directed deterrence e indica la capacità di alcune piante di selezionare gli animali a cui far mangiare i propri frutti per far sì che i semi possano essere sparpagliati sul terreno.
E chi meglio degli uccelli può farlo? È proprio per questo che i peperoncini hanno sviluppato la presenza di capsaicina, una molecola che viene rilevata solo dai mammiferi. E, una volta nel loro palato, è percepita dai recettori dei vanilloidi, provocando la nota sensazione che tutti conosciamo. Se vi siete fatti l’idea che la piccantezza, dunque, nasca come deterrente, perché in fondo è una sensazione di dolore, avete proprio ragione.
I peperoncini sono piccanti perché non vorrebbero essere mangiati da voi! Gli uccelli, invece, essendo privi di recettori dei vanilloidi, non provano alcuna sensazione “sgradevole”, si godono i piccoli frutti e, poi, visto che non ne digeriscono i semi… contribuiscono a spargerli dall’alto.
La capsaicina e le varietà di peperoncino
A seconda del tipo di peperoncino con cui abbiamo a che fare, troviamo diversi tipi di capsaicina. La più comune è quella pura, capsaicina appunto, che ha un grado di piccantezza di ben 16 milioni nella scala Scoville. Dello stesso tenore è la Dihydrocapsaicina, mentre a 9.2 milioni troviamo la Nonivamide e 9.1 milioni la Nordihydrocapsaicina.
Ora, quindi, sappiamo che la responsabile di quella deliziosa sensazione di “formicolio” è la capsaicina. Non resta che capire dove si trova all’interno del peperoncino. Si è studiato molto la concentrazione di questa molecola nel frutto e oggi tutti concordano che è la così detta “placenta” il luogo dove viene raccolta. Si tratta di quella parte bianchiccia a cui sono attaccati i semi. Questi ultimi, per come sono fatti, difficilmente assorbono capsaicina, quindi, rimuovendoli dal frutto, non si mitiga la piccantezza.
Come dosare i peperoncini nei piatti
Il mito nasce dal fatto che, spesso, rimuovendo i semi con un coltellino, si rimuove anche parte della placenta. È agendo su questa, quindi, che possiamo modificare la concentrazione di capsaicina dei nostri piatti. E se la rimuovessimo del tutto, che succederebbe? La parete interna del frutto, al contrario dei semi, è portata ad assorbire un po’ della sostanza, quindi il peperoncino manterrebbe un po’ di piccantezza.
Ma solo un po’, al punto che non avrebbe molto senso utilizzare dell’ottimo peperoncino fresco privato della sua placenta. Se avete a disposizione dei peperoncini molto piccanti e volete dosarne l’effetto nei vostri piatti, potete preparare dell’olio aromatizzato. Pestate i peperoncini in un mortaio, versateli in una bottiglia in cui poi metterete anche l’olio, e lasciate a macerare non meno di una settimana, scuotendo di tanto in tanto.