Entrando da Casa Fontana – 23 Risotti, si percepisce immediatamente quella pacata solennità che solo i luoghi dove si respira una profonda attenzione alla tradizione riescono a trasmettere. L’ambiente, caratterizzato da un arredamento sobrio e leggermente rétro, sembra voler scandire i ritmi della cucina lombarda, prediligendo colori caldi, una boiserie discreta e tavoli elegantemente apparecchiati che rievocano atmosfere di un’altra epoca. Ogni particolare sembra scelto per esaltare la centralità dell’esperienza gastronomica, senza concedere spazio a distrazioni superflue.
La filosofia dello chef Roberto Fontana si palesa in ogni dettaglio: rispetto assoluto per il riso, interpretato sia nel solco della tradizione, sia con tocchi di originale inventiva. Fontana ama definire il suo approccio come una continua ricerca della purezza e dell’equilibrio, dove la materia prima non viene mai sovrastata e ogni ingrediente ha lo spazio per raccontarsi. Questo si riflette nel menù – una variazione sul tema del risotto, curata e sorprendentemente articolata – che trasforma ogni degustazione in un percorso sensoriale tra profumi familiari e sconosciuti.
L’aspetto visivo delle portate non passa inosservato: piatti che valorizzano la cremosità del riso, talvolta intrecciando colori vibranti e dettagli vegetali minuziosamente posizionati, talvolta scegliendo l’essenzialità di una presentazione quasi austera, che lascia parlare la materia prima e le consistenze. Il profumo intenso dei risotti, in cui si intrecciano sentori di brodi robusti e aromi erbacei, avvolge la sala e anticipa un’esperienza che si muove tra memorie lombarde e guizzi contemporanei.
Quella di Casa Fontana non è una cucina che rincorre le mode; anzi, predilige la coerenza di gesti che si ripetono, affinandosi stagione dopo stagione. La specializzazione, in questo caso, non diventa limite ma strumento di profondità: ogni risotto ispira riflessioni sulla qualità delle coltivazioni, sulla sapienza delle cotture, sull’armonia degli abbinamenti. In un panorama cittadino spesso tentato dall’eccesso, qui si lavora per sottrazione, con la precisione quasi meditativa di chi conosce intimamente la materia prima. L’esperienza che si vive tra queste mura consente di riscoprire la ricchezza del risotto, rinnovato con consapevolezza e rispetto, senza mai eccedere né nel gusto né nei virtuosismi della forma.