Varcata la soglia de Il Faggio, ci si trova immersi in un ambiente in cui l’essenza della natura piemontese viene evocata da materiali autentici e da una palette sobria, dominata da legni chiari, tessuti naturali e dettagli minimali che dialogano con la luce soffusa. Il design degli spazi è misurato, quasi a voler accompagnare ogni ospite in un percorso di attenzione raccolta, dove il tempo sembra rallentare e la distrazione lascia spazio all’osservazione.
Al tavolo, la mise en place essenziale lascia risplendere l’eleganza dei piatti, portando in primo piano quella ricerca sulle materie prime che da sempre costituisce la firma della cucina del locale. Non si percepisce alcun compiacimento nell’esecuzione: ogni portata sembra studiata per valorizzare ingredienti spesso legati alla piccola produzione locale, con una predilezione per le sfumature del territorio biellese. La filosofia dello chef si fa sentire nei dettagli: si tratta di una cucina di equilibrio, dove la tecnica non sovrasta mai l’identità originaria degli elementi nel piatto, e la presentazione seduce senza mai indulgere nello sfarzo.
Si intuisce una profonda conoscenza delle stagionalità: le verdure arrivano al massimo della loro espressività, le carni e i formaggi raccontano di artigiani e paesaggi circostanti. Le portate si susseguono in una sequenza che predilige la continuità, preferendo raffinati passaggi di gusto ai contrasti eclatanti. Si avverte il legame con la tradizione locale, reinterpretata in chiave personale dall’autore della cucina, che non insegue mai la sorpresa a tutti i costi, ma si concentra invece su una coerenza stilistica che accompagna l’intero menu.
Il senso di armonia compenetra l’ambiente, dall’arredo fino all’ultima portata. Il clima raccolto invita ad assaporare lentamente ogni dettaglio, dal profumo delle erbe fresche agli accostamenti misurati nei piatti. L’esperienza, così, si fa racconto di un territorio e della sua cucina, dove nulla viene lasciato al caso e l’innovazione s’inserisce come evoluzione naturale della memoria gastronomica, mai come semplice artificio.
