Fra i vicoli punteggiati dalle sfumature dorate della pietra leccese, Il Pizzicotto si svela ai visitatori con una discrezione che cela una determinazione autentica. L’interno del locale, sobrio ma studiato, alterna tavoli in legno naturale a dettagli minimalisti, dove l’atmosfera informale lascia spazio ad una piacevole conversazione sotto luci soffuse. Un ambiente che non cerca effetti speciali, ma comunica subito un senso di genuina accoglienza.
La cucina, orchestrata da Stefano Mele, si muove lungo un equilibrio ricercato: qui la pizza non è mai ridotta ad accessorio modaiolo, bensì trattata come espressione tecnica e culturale. Il lavoro sugli impasti emerge già al primo morso—la superficie croccante cede ad una mollica soffice e aerata, con un profumo caldo di cereali che avvolge il tavolo ancor prima dell’assaggio. Mele predilige farine selezionate e lunghi tempi di lievitazione; la sua filosofia ruota attorno all’idea di sottrarre, piuttosto che aggiungere, per valorizzare il sapore autentico degli ingredienti.
Il menu si concentra sui grandi classici senza rinunciare a qualche incursione stagionale, lasciando spazio a combinazioni che sanno distinguersi per sobrietà e precisione. La margherita trova nuovo equilibrio nella dosatura della mozzarella e nella freschezza delle passate di pomodoro, mentre le varianti più creative giocano con verdure locali, sapientemente lavorate per mantenere vividi colori e consistenze. La cottura in forno esalta i contrasti tra una crosta leggermente scurita e l’interno umido, mai pesante.
A rendere Il Pizzicotto una meta riconoscibile è proprio la cura per i dettagli—dal dosaggio studiato dei condimenti fino alla volontà di non omologarsi a mode passeggere. Il risultato è un’esperienza sensoriale appagante, legata agli aromi familiari della tradizione e arricchita da sfumature tecniche contemporanee. Lo chef parla spesso del proprio stile come di una ricerca silenziosa della purezza, un approccio che traduce la complessità dell’arte bianca in gesti essenziali.
Gli appassionati di cucina riconoscono in questo luogo la perseveranza di chi preferisce i piccoli gesti alla spettacolarità, trovando nel profumo del pane appena sfornato e nella texture della crosta le tracce di una identità ormai consolidata.