Un passo oltre la soglia di La Fiaschetteria ed è chiara la volontà di allontanarsi dai cliché. L’ambiente, essenziale e curato, rifugge da qualsiasi eccesso: i toni caldi del legno, le luci soffuse e i dettagli di artigianato locale richiamano il senso di accoglienza tipico emiliano, ma senza mai cedere alla nostalgia. Tutto in sala sembra parlare la stessa lingua sottile che ritrovi, poi, nei piatti: una narrazione misurata, in cui ogni elemento trova il proprio spazio.
La cucina di Patrizia Dadomo riflette una filosofia poco incline ai compromessi. Qui la scelta delle materie prime non è soltanto un rituale, ma diviene fondamento pratico di un approccio gastronomico che evita le scorciatoie. La stagionalità guida il ritmo della proposta, restituendo al palato l’autenticità delle verdure dell’orto, delle carni selezionate o dei prodotti caseari tipici della zona. L’obiettivo non sembra essere la sorpresa fine a se stessa, quanto piuttosto la ricerca dell’essenza, con un rispetto rigoroso del carattere originale degli ingredienti.
Anche la presentazione dei piatti segue questa linea di pensiero: geometrie semplici, cromie naturali e una compostezza che invita l’ospite a concentrarsi sui dettagli olfattivi e gustativi. Le paste fresche, tirate ogni giorno, offrono trame e profumi schietti. I secondi ricordano la carne arrosto della memoria, ma con una delicatezza dosata, mai invadente. La selezione dei contorni, spesso influenzata dalle erbe spontanee, rivela uno sguardo curioso sul territorio, senza esibizionismi.
La Fiaschetteria propone una cucina lineare e consapevole, capace di risvegliare emozioni senza clamore. Il percorso gastronomico suggerisce coerenza, con piatti che svelano uno studio attento e una mano precisa, in continuo dialogo con la tradizione senza lasciarsi tentare dalla nostalgia. Non c’è ostentazione, solo la voglia di restituire al cibo la sua immediatezza e dignità, rispondendo al desiderio di autenticità di chi cerca, in tavola, un racconto vero e attuale dell’Emilia più discreta.
