Varcare la soglia di La Mangiatoia significa immergersi in uno spazio garbatamente essenziale, dove il legno naturale si alterna a dettagli sobri e tocchi di design, con una luce calda che invita alla conversazione. L’atmosfera ricorda quella di quei luoghi in cui il tempo sembra rallentare, lasciando spazio ai sensi e a un’osservazione attenta di ciò che arriva in tavola. Qui, la competenza dello chef Andrea Renzi si manifesta in una selezione di ingredienti pensata senza compromessi e nella ricerca costante di accostamenti che rispettano la freschezza stagionale.
Il cuore pulsante di La Mangiatoia è la carta delle pizze, frutto di impasti lavorati con precisione: la fragranza croccante del bordo rivela una lunga lievitazione e una mano esperta. I profumi del forno si intrecciano con gli aromi vivaci dei condimenti, scelti per esaltare senza sovrastare. Le stagioni dettano la composizione dei topping, dai latticini morbidi che si sciolgono in bocca alle verdure coltivate localmente, tagliate con cura per preservarne consistenza e gusto. Ogni fetta racconta l’idea, quasi artigianale, di una cucina fedele alla verità della materia prima, aggiornata con un occhio sempre rivolto al presente.
La visione di Renzi si traduce in proposte che sfuggono alle mode più effimere, preferendo una continua riflessione sulla tradizione e una tensione verso l’innovazione calibrata. La celebrazione ricevuta nell’ambito dei “2 spicchi” del Gambero Rosso testimonia la serietà di questa direzione, senza trasformarsi mai in esercizio di stile fine a sé stesso. La presentazione dei piatti — essenziale, mai ridondante — lascia trasparire la filosofia dello chef: ognuno deve riconoscersi in ciò che ha nel piatto, senza filtri ingannevoli.
Il menu, in assenza di proclami, invita a lasciarsi guidare dal ritmo del gusto, esplorando interpretazioni che abbracciano la stagionalità e la profondità dei sapori. Nulla risulta mai forzato o eccessivo: anche le scelte più audaci puntano a restare radicate in una autenticità tangibile. La Mangiatoia si rivolge così a chi cerca una sosta di significato e sostanza, interpretando l’atto del mangiare come esperienza completa, tra tradizione e interpretazione personale.