Varcando la soglia de Le Rune, ci si trova accolti da un ambiente che lascia trasparire una chiara attenzione all’essenza ligure, senza però indulgere in nostalgie d’altri tempi. Gli interni, sobri e curati nei dettagli, invitano a una dimensione intima e raccolta: arredi in legno dalle tinte naturali, illuminazione garbata, qualche dettaglio che richiama la tradizione genovese senza ostentarla. Si percepisce immediatamente il desiderio di offrire un’esperienza autentica, dove la contemporaneità dialoga con la memoria locale, restituendo un senso di appartenenza mai artificioso.
In cucina, la regia di Alberto Lovisa e Simona Pelizza si rivela in piatti costruiti con essenzialità e tecnica, dosando con misura ogni intervento sull’ingrediente. La loro visione si potrebbe descrivere come un ritorno al valore originario delle materie prime, esaltate attraverso preparazioni che evitano ogni eccesso, con accenti che sussurrano la Liguria piuttosto che proclamarla ad alta voce. Il risultato sulla tavola è un equilibrio che giunge silenzioso, scandito dai profumi lievi di erbe aromatiche fresche e dal carattere netto dei sapori locali.
Il menù stesso appare frutto di una ricerca ponderata: le portate privilegiano una stagionalità rispettata con rigore, e la presentazione segue un linguaggio sobrio, privo di artifici inutili ma mai trascurato nell’estetica. I colori dei piatti, spesso giocati su tonalità delicate, riflettono l’identità ligure anche nel modo in cui vengono disposti: ogni elemento si nota, ma nessuno sovrasta gli altri, mantenendo una coerenza cromatica che accompagna con discrezione la degustazione. Non emergono piatti divenuti simbolo, ma piuttosto una coesione stilistica che preferisce la continuità all’effetto sorpresa.
Una delle caratteristiche che contraddistingue Le Rune è la capacità di diversificarsi nel panorama cittadino, mantenendo una proposta solida e riconoscibile, come attestato dalla menzione nella Guida Michelin. Questa presenza sancisce il valore di una cucina che si affida a una tecnica sicura, esprime rispetto per i prodotti locali e coltiva una sobria eleganza. La narrazione gastronomica di Lovisa e Pelizza sembra suggerire, più che dichiarare, che il piacere del pasto nasce dall’armonia sottile tra sapore e ricordo, senza la necessità di proclami scenografici.