Varcata la soglia del Maragoncello, l’impatto è immediato: lo spazio riflette sobrietà e misura, con arredi moderni e linee pulite che concedono largo respiro alla luce naturale. Gli elementi d’arredo, in legno chiaro e metallo, creano un equilibrio tra accoglienza e minimalismo, mentre una tavola ben apparecchiata abbandona ogni eccesso ornamentale per lasciar parlare matericità e ordine. In questo scenario, la cucina aperta sul locale suggerisce una dichiarazione di trasparenza: qui, il cuore pulsante dell’esperienza si svela senza mediazioni.
Mario Lerice, alla guida della cucina, imposta la propria filosofia su un gesto essenziale e consapevole, dove la ricerca della qualità non si riduce mai a virtuosismo fine a sé stesso. Lo stile del ristorante si articola in una costante indagine sulla stagionalità e la selezione delle materie prime; l’esecuzione dei piatti restituisce una tensione tra precisione tecnica e capacità di sorprendere con note inattese. Non si tratta di rincorrere mode o colpire per effetto, ma di rispettare l’identità dei prodotti, che si fanno protagonisti nel piatto attraverso texture calibrate e accostamenti mai scontati.
Maragoncello, ben lontano dall’appoggiarsi a una carta fissa di ricette emblematiche, predilige l’esperienza del presente, modificando la proposta secondo la disponibilità di ingredienti e l’estro del momento. La presentazione delle portate è raffinata ed equilibrata: nessun elemento domina la scena, piuttosto si osserva un dialogo tra colori, consistenze e profumi. La stagionalità resta centrale, leggibile sia nelle scelte vegetali che nelle proteine, con risultati che spesso restano impressi nella memoria olfattiva e gustativa. Un approccio dove si percepisce una sensibilità che guarda con rispetto alla tradizione lombarda, pur concedendo spazio a incursioni contemporanee e a variazioni personali, sempre centrate e misurate.
La menzione nella Guida Michelin conferma attenzione al dettaglio e coerenza, elementi che traspaiono dal primo all’ultimo assaggio. Ogni elemento dell’esperienza contribuisce a una narrazione coerente e rigorosa, dove la sorpresa deriva dall’equilibrio e dalla delicatezza più che da gesti eclatanti. Al Maragoncello, ciò che colpisce non è il clamore dell’esecuzione, ma la quieta solidità di una cucina che convince, piatto dopo piatto, senza mai esibire.