Sul tavolo da Romano, l’esperienza segue un filo conduttore limpido: la materia prima tracciabile, pescata nei mari vicini, si trasforma in piatti che sanno mantenere la vivacità sapida della costa. Il locale accoglie con spazi che uniscono con disinvoltura note classiche e tocchi contemporanei; toni chiari, legni levigati e luce filtrata suggeriscono un’eleganza priva di ostentazione, capace di mettere a proprio agio mettendo al centro la tavola e i suoi contenuti. La cucina, regno di Nicola Gronchi, segue una filosofia precisa: partire dal rispetto assoluto dell’ingrediente marino, lasciando che ogni piatto sia scandito dal ritmo naturale delle stagioni. Le combinazioni gustative si affidano con misura alla tecnica, mai protagonista, piuttosto strumento per esaltare il carattere del pescato. Chi si trova davanti a un antipasto di crudo coglie immediatamente la differenza tra la ricercata semplicità e la complessità dietro ogni dettaglio: filetti di ricciola, ostriche appena schiuse e gamberi scarlatti si alternano, ciascuno con la consistenza minuta e sapori puliti che evocano la salsedine e la mineralità marina, senza forzature. I primi piatti interpretano la cucina di mare toscana con uno sguardo lucido, immune da nostalgie superflue: la pasta fresca si lega a sughi che riprendono ricette antiche, come cacciucco o sugarello, ma le lavorazioni dell’intingolo e dei fondi risultano leggere, calibrate, dando spazio all’impronta netta dei pesci locali. Nei secondi, la griglia, tratto distintivo della costa versiliese, valorizza branzini o triglie, spesso accompagnati da emulsioni tiepide di agrumi o verdure croccanti, che aggiungono nuance aromatiche allo spettro gustativo. Il menu non trascura nemmeno l’aspetto visivo: i piatti arrivano a tavola in composizioni studiate, dove tinte marine e tocchi verdi stagionali dialogano con la ceramica; nulla appare casuale, ma nemmeno costruito ad arte. La sensazione generale è quella di sobria sicurezza, una ristorazione legata al territorio senza cedere a virtuosismi superflui, che lascia impronte discrete ma memorabili nella memoria gustativa dell’ospite. Romano conserva così la sua cifra più autentica, affidandosi al pescato ma anche a una mano capace di rendere attuale, senza stravolgerla, la tradizione gastronomica della Versilia.
