Superando le prime soglie di SanBrite, la luce naturale filtra tra grandi vetrate e punteggia superfici in legno antico, dove l’essenzialità si fonde con tocchi di eleganza discreta. Intorno, il profumo di resine e fieno secco introduce a un ambiente che esprime appartenenza e rispetto per le Dolomiti senza mai lasciarsi andare all’ovvio. Dettagli come le travi a vista e l’illuminazione diffusa contribuiscono a creare un’atmosfera raccolta, familiare nella sua autenticità eppure vibrante di ricerca.
In cucina, Riccardo Gaspari porta avanti una filosofia ben lontana dalla semplice reinterpretazione della tradizione alpina. I menu si sviluppano seguendo il ritmo del territorio, alla ricerca di nuove armonie che emergono da materie prime locali: formaggi ottenuti dal latte di pascolo, radici raccolte in stagione, carni provenienti dalle stalle di famiglia. Ogni piatto si affida a una narrazione fatta di texture contrastanti e intensità precise, con presentazioni che accolgono il colore della terra e l’essenzialità dei singoli ingredienti. Pietanze come il cappello del prete affumicato al legno o le erbe spontanee lavorate con rigore tecnico svelano un percorso che non si limita a custodire, ma domanda se stesso e il proprio passato.
SanBrite evita la rappresentazione stereotipata della montagna, preferendo una contemporaneità pulita, dove la stagionalità detta legge e la materia viene valorizzata senza eccessi. La presenza della Green Star Michelin non si traduce mai in retorica: la sostenibilità resta una scelta silenziosa, evidente nell’attenzione al foraging, nel recupero di ingredienti minori e in processi che minimizzano gli sprechi. Qui, la sostenibilità si avverte dal risveglio sensoriale che accompagna ogni portata: il profumo pungente di affumicatura, i colori vivi delle verdure appena raccolte, le temperature che raccontano la lentezza dei gesti.
L’esperienza a SanBrite, dunque, non indulge nell’opulenza, né rincorre grandi effetti. È un percorso per chi sa cogliere nella sobrietà un segno di distinzione, per chi apprezza il rigore di una cucina che fa del radicamento e del dubbio i suoi strumenti più affilati. Lo spazio invita a una pausa lenta, pensata, che offre al visitatore il privilegio raro di assaporare le Dolomiti attraverso uno sguardo nuovo.