Varcando la soglia di Spiriti Gourmet, si viene accolti da un ambiente che suggerisce una sofisticata sobrietà: linee pulite, dettagli di design discreti e una luminosità diffusa che invita alla concentrazione sul proprio piatto. La sala principale, dalla palette neutra e materiali naturali, interpreta la contemporaneità senza cedere all’ostentazione, lasciando che sia la cucina a sedurre i sensi.
Quella di Angelo D’Amico e Luigi Dell’Atti non è una tavola che rincorre etichette o dictat della moda. La loro filosofia si fonda su un senso di ricerca stratificata, dove la materia prima viene celebrata e lavorata con massimo rispetto – ogni ingrediente racconta una storia precisa, spesso radicata nella stagionalità pugliese, ma mai bloccata dentro rigidi confini territoriali. Il risultato è una sequenza di sapori netti, scevri da eccessi, in cui coerenza e profondità si intrecciano in modo quasi naturale.
L’esperienza si traduce in piatti che sembrano quasi sussurrare la loro complessità, preferendo un’eleganza misurata all’effetto scenografico. La presentazione è attenta alla forma, senza indulgere nella teatralità: ogni portata si rivela come un piccolo studio sull’equilibrio tra consistenze e colori, con tocchi vegetali freschissimi o una salsa lucida a sostenere il protagonista del piatto. Non si trovano tracce di ricette iconiche codificate, quanto piuttosto una carta in movimento, figlia di una creatività che rifugge repliche.
Scegliere dal menu di Spiriti Gourmet significa abbandonarsi a una narrazione gastronomica costruita su accostamenti ragionati, talvolta sorprendenti ma sempre leggibili. Le preparazioni si esprimono con precisione evocativa: si coglie facilmente uno studio nel selezionare e accostare, ad esempio, un pesce locale con erbe spontanee o nel dar nuova luce a un ortaggio povero. Nella sequenza dei piatti, il ritmo resta teso ma mai forzato, con porzioni che invitano a un percorso di degustazione senza eccessi.
Spiriti Gourmet si distingue per una visione culinaria chiara e definita, che rinuncia alle lusinghe della catalogazione per lasciare che sia l’essenza della cucina a emergere. Qui, l’esperienza del gusto si spoglia dal superfluo e punta a lasciare al palato l’ultima parola, in un ambiente che sostiene senza mai imporre.