Al Ristorante del Lago, ogni dettaglio suggerisce una filosofia che privilegia la sostanza e il rispetto: il rigore della cucina incontra un ambiente intimo, dove linee semplici e materiali naturali lasciano spazio alla luce, che si riflette sulle tovaglie candide e sui riflessi discreti della sala. Le tonalità calde del legno alle pareti e il profilo discreto degli arredi trasmettono immediatamente una familiarità raffinata, che invita a rallentare il ritmo e lasciare che siano gli aromi e i sapori ad accompagnare il tempo.
La cucina orchestrata da Catia Bartolini e Paolo Bravaccini si riconosce per un equilibrio tra dedizione tecnica e sensibilità verso le materie prime locali. Non si tratta di sorprendere con effetti speciali, ma di dare valore al gusto pulito di ingredienti scelti con attenzione, molti dei quali provengono direttamente dall’Emilia-Romagna. La stagionalità scandisce il ritmo delle creazioni, che mutano seguendo i colori e i profumi del territorio circostante.
Se la loro filosofia può essere riassunta, sarebbe probabilmente una ricerca costante dell’essenziale. Gli chef descriverebbero il proprio stile come un gesto rispettoso verso la tradizione, declinato senza nostalgie, in un dialogo costante tra memoria e presente: i piatti arrivano al tavolo con una presentazione elegante nella sua semplicità, mai eccessiva, capace di valorizzare l’aspetto naturale degli ingredienti. La pasta fresca, lavorata a mano, sprigiona un profumo intenso di grano, mentre le verdure mantengono colori vivi e consistenze giuste, segno di cotture attente e delicate.
Menzione speciale merita la sintonia tra i sapori: nessuna nota sovrasta l’altra, ogni elemento trova spazio per esprimersi. Il menù si compone come una mappa sensoriale della regione, attraversando boschi e prati, suggerendo ricordi d’infanzia senza voltarsi alla malinconia. Nei dessert, invece, la mano degli chef rivela equilibrio tra dolcezza e freschezza, evitando facili concessioni al superfluo.
Non è lo sfarzo a caratterizzare questa tavola, bensì una misurata onestà intellettuale e la volontà di restituire il territorio in tutta la sua ricchezza autentica, senza artifici. Un’esperienza che risuona a lungo, affidandosi alla forza sottile delle cose ben fatte.