Dietro una vetrina essenziale, dove le linee pulite incontrano tocchi vintage e la luce naturale accarezza tavoli in legno massiccio, prende vita SantoPalato. Qui la tensione fra radici e sperimentazione emerge fin dal primo sguardo: piatti che si presentano con rigore visivo, quasi a voler raccontare a ogni servizio una piccola storia della cucina romana senza lasciarsi tentare da eccessi decorativi. L’ambiente, caldo di voci e di profumi vividi, induce a una convivialità spontanea, complice anche un arredamento che recupera oggetti retrò accostati con gusto sobrio e mai riesumato.
Al centro di questo laboratorio culinario, Sarah Cicolini sviluppa una ricerca fondata sul dialogo tra memoria e rinnovamento. La sua filosofia si rispecchia nella selezione accurata degli ingredienti e in una cucina che non forza la mano sulla tradizione: la stagionalità detta la traccia dei menu, con ricette capaci di mantenere nitidi i profumi robusti del territorio e un’attenzione particolare alla sostanza delle preparazioni.
Il gesto culinario si rivela già al primo assaggio: le consistenze sono studiate per restituire trama e identità, senza indulgere mai in superfetazioni. Le cotture lente, i fondi profumati di erbe e diverse consistenze al palato trasmettono una sensazione di ricchezza rassicurante, come un comfort food che però si sottrae alla pura nostalgia, preferendo invece narrare la romanità attraverso dettagli e accostamenti ragionati. La presentazione dei piatti mantiene una sobrietà voluta, dove il colore degli ingredienti domina la scena senza orpelli.
L’impronta personale della chef si riconosce nel rigore del percorso, in cui ogni piatto recupera saperi antichi ma li emancipa da ogni stereotipo, grazie a intuizioni spesso sottili ma sempre ancorate al gusto franco. La scelta degli elementi in carta, dalla selezione delle carni alla cura per le verdure locali, definisce una cucina onesta e stratificata, sostenuta da una costanza che ha guadagnato l’attenzione di addetti ai lavori e appassionati gourmand.
SantoPalato incarna così una voce riconoscibile nel panorama romano: una tavola dove la forza della tradizione si allea a una volontà di racconto contemporaneo, senza mai sacrificare il piacere e la trasparenza del sapore.