Capatosta, a Recale, si distingue per una cucina che scava nella memoria campana e la restituisce intatta, senza alterazioni forzate né sovrastrutture compiaciute. Gli interni, sobri ma calorosi, combinano linee essenziali con materiali autentici; le luci soffuse scandiscono le geometrie di una sala dal fascino disadorno, in cui ogni dettaglio dialoga con la tradizione rurale senza nostalgia. Volte a mattoncini e arredi in legno grezzo evocano la familiarità di una casa di campagna, mentre dalla cucina a vista si diffondono aromi intensi di pomodoro San Marzano, impasti in lievitazione e basilico fresco appena pestato.
La mano dei Fratelli Giustiniani orienta ogni scelta: la loro cucina si rifà a una filosofia di assoluta coerenza con il territorio, dove ogni ingrediente si impone per origine e integrità. Non c’è spazio per l’esibizione, ma per una ricerca essenziale che mette al centro materie prime di Caserta e dintorni, pescate tra fornitori di fiducia e piccoli produttori. Questa fedeltà si traduce in piatti dal profilo netto e riconoscibile: le pizze, che hanno valso il riconoscimento dei “2 spicchi” del Gambero Rosso, si presentano con cornicione pronunciato e alveolatura fragrante, scaricate dalla tentazione delle sperimentazioni gratuite e costruite con farine selezionate e un utilizzo misurato della mozzarella di bufala, cremosa e tiepida su un disco sottile.
La carta si affida a pochi classici rivisitati in chiave personale dai Giustiniani, che preferiscono esprimere l’anima della Campania attraverso sapori netti piuttosto che con guizzi inattesi. È il caso della margherita, che abbraccia la semplicità come cifra stilistica: elemento fondante della proposta gastronomica, evidenzia la centralità della qualità e la predilezione per procedimenti artigianali mai scissi dalla memoria. Ogni portata si distingue per una presentazione curata ma mai leziosa—l’essenzialità vince, lasciando al commensale il piacere di riscoprire le sfumature di un territorio che parla ancora un dialetto limpido e antico. Qui la convinzione è chiara: la cucina serve soprattutto a raccontare una storia familiare, schietta, senza filtri.