Fra le mura luminose e accoglienti di Da Felice, la cura per i dettagli si avverte in ogni elemento: le linee essenziali dell’arredamento richiamano la sobrietà della tradizione ligure, mentre tocchi di contemporaneità donano all’ambiente un’eleganza complice e mai ostentata. I tavoli in legno naturale si alternano a sedute dalle tinte tenui, arricchite da una mise en place semplice, che lascia la scena alle portate.
Fabio Fara e Dario Presi conducono una cucina che riflette un rigoroso rispetto della stagionalità. Il loro modo di intepretare la materia prima corrisponde a una visione senza sovrastrutture, in cui ogni ingrediente parla con voce chiara e pulita. Non si va alla ricerca di effetti speciali: ciò che arriva al palato è l’essenza dei profumi della Riviera, espressa in piatti che si distinguono per una nitidezza disarmante.
Il percorso gastronomico qui non si limita a una rivisitazione della cucina locale, ma si nutre di una ricerca costante su consistenze e temperature, mirando a sostenere una narrazione coerente tra terra e mare liguri. Nei piatti si percepisce una precisione sommessa, una tensione verso il continuo perfezionamento, senza ricadere mai in una standardizzazione. L’attenzione ai vegetali freschi e ai pescati del giorno emerge chiaramente nella concezione dei menu, restituendo sensazioni di leggerezza e continuità con il paesaggio circostante.
La sala – silenziosa e raccolta, con ampie vetrate che offrono scorci sul verde e richiami costanti all’elemento naturale – accompagna in una sorta di pausa sospesa dal ritmo cittadino. La presentazione dei piatti si distingue per armonia cromatica e ordine geometrico: nulla è lasciato al caso, ogni dettaglio contribuisce ad amplificare il valore della materia selezionata.
Un’indole artigianale anima ogni gesto di cucina, e la filosofia condivisa dagli chef si riassume in un rispetto profondo per la semplicità e nel desiderio di trasmettere una storia attraverso sapori riconoscibili. Da Felice si distingue soprattutto per questa coerenza, che si fa cifra stilistica, e per un equilibrio tra memoria gastronomica e sensibilità contemporanea.