Arrivare al ristorante La Segreta è un viaggio, che inizia da via Margutta, la strada degli artisti in cui risuona l’eco della Dolce Vita che fu: qui abitavano Federico Fellini e Giulietta Masina e negli anni Sessanta era il cuore vibrante di un mondo in cui arte e cinema convivevano felicemente, fra studi, atelier, gallerie e negozi d’antiquariato. Ancora oggi si trovano le testimonianze di questa grandeur culturale, ma anche della spensieratezza della Dolce Vita. Calpestando i sampietrini di via Margutta a un certo punto la vista viene attirata dai colori del mare del ristorante La Segreta. Il blu intenso, vuole richiamare il mare della Costiera Amalfitana, che ritroveremo anche nel menù. E il viaggio continua fino alle coste che guardano lo scoglio di Capri.
Una galleria alle pareti
L’allure culturale della strada che ospita questo ristorante lo ritroviamo alle pareti, dove si susseguono in maniera volutamente affastellata i quadri di Schifano e Andy Warhol, i collage di Mimmo Rotella, le foto di Sling Aarons, perfino un disegno di Picasso. È la piccola collezione personale aperta al pubblico del patron e architetto Antonio Giraldi, che ha dato personalità al locale, vestendolo con le sue passioni, colorandolo con il mare che lo ha visto crescere (è di origini campane), punteggiandolo con elementi della sua terra, come le meravigliose ceramiche di Vietri dalle forme e funzioni più disparate, compresi i beneaugurali peperoncini rossi che fungono da poggia-posate.
Una bruschetta per conquistare
Ad accompagnarci nell’esperienza, il responsabile di sala Andrea Toscano, che parte dal raccontarci il pane e l’olio, elementi primari, da cui tutto parte. “Cominciamo sia la cena che l’aperitivo offrendo un benvenuto con la nostra bruschetta contemporanea: pane cafone, olio campano biologico selezionato, una mousse al pomodoro da spalmare sopra al pane per comporre la propria bruschetta”, racconta. Il lusso della semplicità, che conquista subito, facendo andare in visibilio soprattutto il pubblico straniero che frequenta questa strada, attirato dalla sua fama e dal fascino discreto di quest’angolo nascosto del centro.
Partiamo dall’aperitivo
Pur essendo difficile resistere al richiamo del mare, già l’aperitivo merita una sosta. La giovane Egle Messina guida il bancone ed è stata chiamata a elaborare una drink list che richiami il meglio delle coste campane, esaltandone i prodotti locali: dal Martini con colatura di alici e una spruzzata di Limoncello di Costiera, al Gin Tonic con il Gin Caprisius, proveniente dall’isola dei Faraglioni e reso ancor più profumato dalla scorza dei limoni di Amalfi pelata a vivo. E ancora un Bloody Mary, preparato con l’acqua di pomodoro lavorata dalla cucina, che con quell’entrée a base di bruschetta va a braccetto. “Ci aggiungiamo due alici di Cetara?”, suggerisce Toscano. E l’idea funziona perfettamente.
Cucina basata sul prodotto
Passando alla cena, troviamo “un menù che gira come un disco”, come descrive Toscano: terra, mare, crudi e orto contraddistinguono le portate, concludendo con i dolci, la sorpresa finale. Una cucina che si basa su poche lavorazioni e sul rispetto del prodotto, sempre freschissimo, con un approvvigionamento del pesce che arriva per lo più dalla Campania. Le ricette della Costiera Amalfitana dettano legge, insieme alla stagionalità dei prodotti. Gli Spaghettoni di Gragnano alle vongole veraci sono il must, ma è difficile non farsi conquistare dalla Calamarata al ragù di totani. La mozzarella di bufala è quella di Battipaglia di Vannulo, mentre per secondo si può ordinare chiedendo del pescato del giorno, magari accompagnato da una Scarola capperi e olive. I dolci sono quelli di De Riso: forse uno dei testimonial food più famosi della Costiera.