Ha appena celebrato i 10 anni L’Arcade, il ristorante di Nikita Sergeev in quel di Porto San Giorgio. Moscovita globetrotter, è questo tratto di costa marchigiana che lui chiama casa. Viaggi su viaggi quando era bambino, con la famiglia, tante volte in Italia, fino a decidere tutti insieme che era il momento di fermarsi, in Italia, circa vent’anni fa. È qui che lo chef Sergeev ha costruito una carriera nel mondo del fine dining, ma non subito. Prima una laurea in Scienze politiche, poi ha seguito il sogno di diventare chef facendo le cose per bene, partendo dall’Alma, nel 2011.
Lo chef "secchione", dalla Russia all’Italia
Evidentemente un po’ secchione, Nikita è uno degli studenti dell’Alma che alla fine hanno portato a casa la stella Michelin, arrivata dopo il trasloco nel locale dove lo troviamo oggi (nel 2021). Una bellissima scatola di vetro con vista sul mare in cui, in sottofondo del discreto accompagnamento musicale, si può riconoscere il rumore della risacca. Lo incontriamo sul finire dei festeggiamenti ufficiali dei dieci anni, sono gli ultimi giorni in cui avrà in carta il menù in cui si è concesso un auto-tributo dei piatti che hanno fatto la fortuna sua e de L’Arcade.
Il Grande aperitivo della casa de L'Arcade
Fuori dagli schemi
Difficile categorizzare la cucina di Sergeev, di sicuro è una cucina fine dining contemporanea, in cui la tecnica la fa da padrona e il mare è ben presente, ma anche la terra non manca mai, sia intesa come carne che come parte vegetale. L’Italia c’è, ma è un pretesto più per dare il nome a qualche piatto. Perfino l’ordine delle portate vuole andare oltre lo schema nostrano antipasti-primi-secondi-dolci: è una batteria di piatti e piattini che si susseguono, presentati benissimo sia nell’impiattamento che nella mise en place. Un grande plauso al servizio accuratissimo guidato dal maître e sommelier Leonardo Niccià.
Nel percorso un paio di primi sono riconoscibili, Sergeev ammette che servono a far sentire a suo agio il cliente italiano, ma li integra volutamente in una narrazione fluida, che si conclude con un Consommè di sgombro alla brace. È forse questa la sintesi: un brodo che pulisce il palato a fine pasto, risultando tuttavia appagante, e che è il risultato di un lavoro di recupero degli scarti del mare, di estrazione dei sapori, affumicatura e chiarificazione.
Il Consommè di sgombro alla brace foto Cinzia Camela
Valore ai sapori con le estrazioni
In bilico fra le sue origini e le tecniche imparate nella sua carriera da chef, l’estrazione dei sapori, la concentrazione, le fermentazioni, sono alla base di una cucina che è sempre alla ricerca della profondità di sapore. Un percorso che coinvolge qualsiasi materia prima, sia essa vegetale o animale, di carne o di pesce. Ma anche fare un passo indietro, esimersi dalla manipolazione sfruttando i prodotti al naturale, quando la freschezza lo esige. L’obiettivo è ritrovare la purezza di sapori, ma anche riconoscere quei picchi di acidità, dolcezza, umami, che caratterizzano un ingrediente, con l’obiettivo di dargli valore e consistenza.
I piatti del nuovo menù
È il caso della Carota e agnello della degustazione, in cui lo chef decide di spiazzare anche chi già conosceva questo piatto. Ora è la carota la protagonista, mentre l’agnello diventa un comprimario, nascosto in un mochi rivisitato che viene suggerito di utilizzare per far la scarpetta nel piatto. La ricerca sul vegetale torna anche nel caso dell’Insalata di erbe grasse, che sposa i fasolari nell’antipasto: “Per questo piatto – spiega lo chef – ho lavorato insieme a un mio fornitore, Orto Clarice di Bevagna, per scegliere le erbe giuste, che dessero succulenza al piatto e una nota di mare nel vegetale”.
Il Soffritto all'italiana secondo Nikita Sergeev
Nelle sue rare incursioni nella cucina marchigiana, la sua rivisitazione del Cannellone zafferano e croste di parmigiano è il piatto confort, che va a riprendere un sapore rassicurante rendendolo moderno. In questo piatto Sergeev esemplifica anche l’attenzione alle intolleranze e allergie, che lo ha portato a studiare una sfoglia gluten free. Un sistema che nasce dalla voglia di accontentare tutti e dalla necessità della cucina di evitare di avere troppe varianti di uno stesso piatto.
Il dessert Trelatti
Il Consommè di sgombro alla brace, come si diceva, chiude il percorso ripulendo il palato ed è uno dei pochi piatti che lo chef ha deciso di non modificare. Un’altra riconferma è il dolce Trelatti, che chiude definitivamente la cena: un dolce non dolce che esalta i diversi sapori del latte (ovino e vaccino) e gioca sulle consistenze, ma anche sulla spettacolarità del total white, sia del dolce che del cuscino in ceramica che lo ospita.