Il burro, per decenni relegato al ruolo di alimento proibito dalla retorica salutista, torna oggi al centro del gusto, della cultura e persino dello stile.
In cucina, ma anche nella moda, nel design e nella comunicazione visiva, il burro sta vivendo una seconda vita che lo racconta materico, avvolgente, evocativo. Qualcosa di più di un semplice ingrediente da tenere in frigorifero. Una forma, un colore, un simbolo. Ma cosa ha determinato questa nuova ascesa? E perché proprio adesso il burro sta conquistando palati e immaginari?
Un po’ di storia del burro
Per rispondere, bisogna partire da lontano. La storia del burro è una delle più antiche dell’umanità alimentare. Si stima che risalga almeno al 3000 a.C., quando popolazioni diverse, in aree geografiche lontane come la Mesopotamia, l’India, l’Egitto e il Nord Europa, iniziarono a ottenere il burro agitando panna o latte fermentato. Un gesto semplice e quotidiano, nato per caso, che ha dato vita a una sostanza dal sapore ricco e dalla consistenza cremosa. In alcune culture il burro era alimento, in altre medicina, in altre ancora offerta sacra. Lungo i secoli è diventato presenza costante nelle cucine dell’Europa settentrionale, mentre nel bacino del Mediterraneo si privilegiavano grassi vegetali come l’olio di oliva. Ma è soprattutto con lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento che il burro si impone come prodotto dell’abbondanza e della trasformazione domestica.
Come racconta Elaine Khosrova nel suo saggio "Butter: A Rich History", il burro ha attraversato le epoche come simbolo di civiltà, benessere e tecnica: "Là dove c’era burro, c’era cultura, trasformazione, artigianato".