Quando si entra da 180grammi, è impossibile non percepire subito una sensazione di concretezza che si riflette tanto nell’ambiente quanto nei piatti. Il locale si distingue per scelte di arredamento essenziali: pareti di colori neutri, tavoli robusti e un’atmosfera che invita più a gustare che a distrarsi. La luce è calibrata per accompagnare la degustazione, senza invadere, mantenendo quell’eleganza rilassata che diventa parte integrante dell’esperienza.
La cucina, orchestrata da Jacopo Mercuro, si muove su un equilibrio sapiente tra tecnica e rispetto per la materia prima. Ogni elemento del menu è pensato per valorizzare ingredienti selezionati con rigore, attraverso una lavorazione mai gratuita. Nei piatti si riconosce una filosofia che rifiuta facili virtuosismi: il gusto è nitido e diretto, l’esecuzione limpida. La pizza, vero cuore della proposta, si presenta con un cornicione arioso, delicato ma deciso nella masticazione, mentre la base rivela profumi fragranti di cereali ben lavorati e lievitazioni attente. Topping definiti, senza sovraccarichi, lasciano che i sapori si sovrappongano puliti: la classica Margherita rivela una salsa di pomodoro brillante, la mozzarella filante aggiunge una nota lattica che si integra, mentre un filo d’olio crudo conclude con una sfumatura verde e fresca.
La filosofia di Mercuro si potrebbe riassumere, senza bisogno di proclami, nella volontà di dare identità a ogni preparazione, radicandola nella tradizione ma senza rigidità. Le proposte, pur affondando nella memoria culinaria romana, appaiono attuali per leggerezza e precisione. Nulla è lasciato al caso: il profumo del pane, la consistenza del pomodoro, la scioglievolezza del fiordilatte narrano un percorso di ricerca costante, privo di eccessi. L’attenzione alle consistenze scandisce tutta l’esperienza, tra impasti che sanno essere ariosi senza diventare fragili, e ingredienti che vengono rispettati nella loro essenzialità.
Da 180grammi si coglie una tensione alla qualità che non ha bisogno di riflettori: è la trasparenza, sia nell’impiattamento che nell’approccio gustativo, a parlare. Un ristorante che rifugge il superfluo, dando prova di quanto spesso la misura sia la chiave per un’esperienza gastronomica pienamente compiuta.
