Una porta discreta, quasi anonima lungo le sponde dei Navigli, nasconde uno spazio che affascina sin dal primo sguardo. L’ambiente compatto di Backdoor 43 sorprende per la sua dimensione intima: appena pochi metri quadri per pochi fortunati ospiti, avvolti da luci fioche e boiserie di legno che evocano l’essenzialità di uno speakeasy d’altri tempi. Un profumo avvolgente di agrumi macerati e spezie rare anticipa la filosofia che anima questo locale: qui ogni dettaglio – dal ghiaccio scolpito a mano alle bottigliette vintage che custodiscono i distillati – è pensato per elevare il rito del bere miscelato a una forma d’arte esperienziale.
Dietro il bancone, Giacomo Ferraresi orchestrava la carta delle proposte con spirito di ricerca e passione per la sperimentazione. La sua impronta si percepisce nella selezione minuziosa di ingredienti e nelle combinazioni impreviste che scandiscono ogni drink. Nessun menu scolpito nella pietra: la creatività si esprime in una continua rotazione di ricette, in equilibrio tra profumi vegetali e note affumicate, giochi di texture vellutate e acidità calibrata. Il bar non offre piatti della cucina tradizionale; il fulcro della proposta risiede esclusivamente nella precisione con cui vengono composte le miscele. Ogni cocktail si distingue per la ricerca nelle tecniche di estrazione degli aromi, così come nella capacità di giocare, senza eccessi, sulle sfumature tra alcol, amaro, dolce e speziato.
Il legame con la clientela più esperta è dato proprio dal rifiuto di schemi predefiniti: Backdoor 43 non rincorre mode effimere ma cerca di sorprendere chi si siede al bancone attraverso preparazioni calibrate e raffinate, dove la fantasia lascia emergere dettagli inaspettati. L’atmosfera raccolta non concede spazio a distrazioni: qui il cocktail diventa racconto, memoria olfattiva e gusto persistente.
L’idea alla base del locale è quella di considerare ogni drink un’opera in divenire, costruita con meticolosità artigianale e una sensibilità instancabile all’equilibrio. Chi lo visita si trova immerso in un viaggio intimo e sensoriale, distante dagli eccessi scenografici, capace di lasciare impressa una sensazione personale e durevole, come solo i veri luoghi di culto della mixology sanno fare.
