Entrando in Jeffer ci si accorge subito di essere in un luogo che sfugge a facili classificazioni. L’ambiente è raccolto, caratterizzato da un’eleganza moderna punteggiata da tocchi personali; qualche stampa di arte contemporanea alle pareti, tavoli ampi e ben distanziati, luci soffuse che, verso sera, si riflettono silenziose sulle vetrate affacciate al Lungarno. L’atmosfera suggerisce una riflessione: qui tutto sembra congegnato per invitare l’ospite ad abbandonare ogni aspettativa precostituita.
La regia di Fausto Bigongiali e Riccardo Carli si esprime innanzitutto nella struttura stessa del menù, che rifugge etichette preconfezionate e non espone vessilli identitari. Nessun cartello esterno con la specialità della casa, nessuna ostentazione di piatti iconici: la cucina si rivela piuttosto in una continua ricerca, attenta sia alla stagionalità delle materie prime sia all’umore del territorio che cambia con i mesi. Ogni portata arriva in tavola con una presentazione curata ma mai leziosa; la scelta del piatto, il taglio delle erbe aromatiche, fino alla luminescenza degli oli che riflettono la luce, sono dettagli che colpiscono anche chi crede di essere abituato a esperienze culinarie raffinate.
Il pensiero dei due chef non si lascia irretire da scuole di pensiero dominanti o tendenze passeggere. La filosofia al cuore di Jeffer sembra essere un’apertura consapevole: lo stile di cucina si sviluppa giorno per giorno, come un dialogo mai uguale tra chi prepara e chi assaggia. Talora emergono affinità toscane, talvolta incursioni in territori più sperimentali, ma mai si percepisce un desiderio di rivendicare una categoria o una bandiera precisa. La carta cambia spesso; capita che alcune combinazioni nascano dall’intuizione del momento, dal dialogo tra chef e ingredienti freschi appena arrivati.
Jeffer si discosta così dal panorama dei luoghi che rincorrono certificazioni o riconoscimenti, scegliendo invece di costruire una propria identità fluida e mutevole. Il piacere della scoperta e la libertà di non essere incasellati in alcuna griglia prestabilita guidano tanto la cucina quanto l’esperienza complessiva: chi varca la soglia di questo ristorante si trova invitato non solo a mangiare, ma ad accogliere la meraviglia di ciò che, di volta in volta, prende forma in cucina.
