Varcando la soglia di La Pineta, ci si trova immersi in un’atmosfera che pare custodire i ricordi di generazioni, tra legno vissuto e dettagli d’arredo che parlano la lingua discreta delle montagne piemontesi. L’ambiente, avvolto da una luce calda e naturale, invita a soffermarsi sui particolari: tovagliati essenziali, pochi quadri scelti con cura, un’eleganza rustica che racconta una scelta estetica radicata nel vissuto di questa terra.
In cucina, l’approccio si muove fedele all’identità regionale, con una filosofia che ripudia gli eccessi e privilegia l’essenzialità: qui la stagione detta legge, l’orto e la dispensa scandiscono i tempi dei piatti. Le ricette, spesso gelosamente tramandate, sono riproposte senza artifizi, così che ogni ingrediente possa narrare il proprio valore. Il profumo persistente della selvaggina in cottura, il calore morbido della polenta, le sfumature erbacee dei funghi appena colti: ogni portata si rivolge al palato ma anche alla memoria sensoriale di chi conosce queste vallate.
La cucina dello chef si definisce attraverso una tensione costante tra rispetto delle radici e sensibilità contemporanea, non intesa come ricerca dell’effetto, ma come volontà di mantenere intatta la dignità della materia prima. Non vi è ricerca di stupore scenografico nella presentazione dei piatti; la bellezza risiede piuttosto nella sincerità cromatica e nelle porzioni che raccontano abbondanza di gesti e cura artigianale. Un piatto di paste fatte a mano, servite senza filtri, svela al taglio la resistenza sottile della sfoglia e la fragranza delle farine locali.
Le referenze enologiche raccontano lo stesso legame profondo con il territorio: una selezione attenta, spesso ancorata alle piccole cantine cuneesi, accompagna senza sovrastare, esaltando le sfaccettature dei sapori rustici e gentili della cucina.
Si avverte, durante il pasto, la scelta di restare fedeli a un patrimonio gastronomico che trova qui, senza ostentazione, una delle sue espressioni più schiette: La Pineta si fa interprete autentica di una regione dove il gusto è memoria viva, fatta di stagioni, paesaggi e saperi antichi custoditi fra le mura e nei piatti.
