Entrare da Lazaroun significa immergersi in uno spazio dove la sobrietà incontra la tradizione. L’ambiente, con i suoi tavoli in legno chiaro e dettagli semplici ma pensati, trasmette una sensazione di calore discreto; la luce filtrata dalle grandi finestre crea un gioco di ombre delicate sulle pareti, invitando gli ospiti a un’esperienza rilassata sin dal primo sguardo. Si percepisce nell’aria il profumo di pane appena sfornato e delle erbe aromatiche, segni tangibili di una cucina che affonda le radici in gesti antichi, ma li rilegge con sensibilità moderna.
La firma di Leontina Saragoni si riconosce nell’approccio quasi artigianale a ogni preparazione: la ricerca dell’ingrediente migliore non diventa mai ossessione, bensì principio guida. Il menù, seppur essenziale, rispecchia una filosofia che predilige stagionalità, freschezza e profondità di gusto. Le materie prime locali, dagli ortaggi croccanti agli aromi del territorio, sono protagoniste, e vengono lavorate con rispetto, senza cedere a inutili sovraccarichi o richiami esteriori.
La presentazione dei piatti conferma questa scelta: nessun inutile virtuosismo visivo, ma un’eleganza sincera in cui ogni portata appare curata con attenzione, mantenendo una piacevole armonia di colori e consistenze. Si intuisce che la priorità non è stupire, bensì accompagnare il commensale in un racconto silenzioso dove riconoscere sapori autentici e leggibili. Tartare delicate, paste tirate al mattarello, carni saporite e guarnizioni appena accennate parlano di territori ben conosciuti e di stagioni rispettate.
La cucina, così concepita, si rivolge a chi apprezza una tavola rigorosa, consapevole e priva di compromessi su qualità e identità. L’universo di Lazaroun si muove in bilico tra memoria e ricerca, tra antico sapere e attenzione contemporanea: elementi fusi armoniosamente e mai lasciati al caso. La memoria gastronomica della Romagna si riflette nei piatti, ma filtra attraverso una visione personale, sempre riconoscibile e autentica. Chi esce da questa esperienza, difficilmente dimentica l’impronta sottile e persistente di una cucina che ascolta la terra e ne restituisce le sfumature più genuine.