"Bari ha una concenzione del cibo molto particolare e precisa; quando vai a toccare i punti cardine di quella cucina vieni contestato": un inizio non di certo facile per lo chef Antonio Scalera, che ad un certo punto, dopo aver lavorato in alcune delle migliori cucina d'Italia e aver avuto esperienza anche all'estero (Madrid su tutte), decide di tornare nella sua città natia. A Bari nel 2010 apre con la sua compagna Franceca Mosele, sommelier e responsabile di sala, La Bul, un ristorante/salotto dove proporre una cucina che si avvantaggia dei ricchi prodotti del territorio pugliese per portare in tavola dei piatti che non si incontrano tutti i giorni a Bari.
"Dopo aver girato tante cucine e aver fatto tanti sacrifici, ci si sente pronti a non dipendere più da nessuno" questa la motivazione che spinge Antonio a buttarsi nella mischia ristorativa; prima di questa scelta, che Antonio considera una "scelta di pancia", tante tappe importanti: Paolo Teverini (Bagno di Romagna), il ristorante di Alain Ducasse, Trattoria Toscana de l'Andana (Castiglione della Pescaia), Quinzi e Gabrieli e Al Presidente (Roma), Grotta Palazzese (Polignano).
Dopo le difficoltà iniziale dell'apertura arrivano, però, i primi riconoscimenti e le attestazioni di stima, non solo da parte di guide o critici, ma soprattutto da parte dei clienti, che giungono da tutta la provincia per potersi concedere il lusso di una cucina divertente come quella di Scalera.
Che tipo di cucina si trova nel suo ristorante?
Facciamo una cucina molto legata al territorio, ma divertente; mi piace rivisitarla un pochino. Quello che di tradizionale c'è è sicuramente il legame con la terra, la terra da cui vengo e che non ha davvero bisogno di nulla. Quindi il mio lavoro all'inzio è improntato sulla materia prima, e sulla ricerca.
La materia prima che ama di più?
La mia è una cucina stagionale, quindi non uso mai sempre le stesse materie prime. Sicuramente potrei dirne quattro o cinque, ma in questo periodo amo molto le verdure abbinate al pesce povero, cipolle lunghe, sgombro e tutti i pesci delle nostre parti. Mi piace anche abbinare ai formaggi locale le nostre rape, i porri, insomma tutte cose dai sapori molto forti.
Il piatto che in questo momento rappresenta la sua cucina?
Proprio per la questione con il legame del territorio credo che siano i Cappellacci ripieni di scorza di parmigiano con ragù e vapore di polpo, una rivisitazione di una ricetta antichissima. Ricordo ancora il ragù di porco con scorze del parmigiano di mia madre; lei metteva nel sugo le scorzeche diventavano morbide. Io adesso uso in questo piatto le ricotta di pecora, con una punta di acidità inarrivabile, e il polpo che cuocio in tre maniere diverse.
Esperienze all'estero: come hanno influito sul suo percorso?
Ogni esperienza ha la sua importante Spagna e Francia ad esempio sono due scuole opposte, ma entrambe efficaci; spagnoli e francesi sono sicuramente quelli che mi hanno dato un'impostazione molto forte.
Da Madrid mi porto dietro il gazpacho, ricetta che ho imparato bene, ricetta che ha delle sfaccetattute difficilissime; io l'adatto al mio territorio, mettendo all'interno ingredienti sempre diversi, come la stracciatella.
Perché aprire un proprio ristorante in Puglia?
Ho fatto una scelta fisiologica; arrivi a 33/34 anni ad aver girato tante cucine, e ad aver fatto tanti sacrifici. In quel momento ci si sente pronti a non dipendere più da nessuno. Aprire a Bari un ristorante con la mia compagna è stata una scelta di pancia.
Cosa pensa della situazione ristorativa pugliese?
La Puglia è la mia terra e la amo, c'è anche da dire abbiamo fatto molta fatica i primi anni. Bari ha una cultura gastronomica a parte, perché ha una concenzione del cibo particolare e quando si vanno a toccare i punti cardine vieni contestato. Dopo che la nomea del ristorante è andata ben oltre i confini cittadini, grazie ai riconoscimento e alle guide, e molte persone sono arrivate dalla provincia, insieme ai turisti di alto e medio livello. Adesso il ristorante gira e sono contento. La Puglia ha avuto un "lancio", non un vero e proprio slancio; adesso il turismo è al top, e molti miei colleghi spingono la cucina e fanno un grande lavoro. Certo, bisogna ancora migliorare, ma la tendenza è quella giusta.
Un ristorante che l'ha colpita ultimamente.
La trattoria semplice di una volta, dove si mangiano delle ottime polpette e la trippa: Centro storico, nel centro storico di Locorotondo.
Lo chef che secondo lei rappresenta in questo momento l'Italia?
Sono stato poco tempo fa da Niko Romito; ha una mano che pochi anni, e ho girato tanti stellati. Lui mi ha dato un impatto molto importante, attraverso la cena mi ha insegnato i meccanismo. Lasciare dei ricordi e ricordare cosa hai mangiato non è una cosa da tutti.