Ci sono antiche ricette locali, quasi scomparse, che rendono il Salento una terra speciale. Preparazioni che oggi si possono assaporare ancora in indirizzi sinceri a Lecce e dintorni o, in alcuni casi, solo alle feste di paese o alle sagre dedicate. Sono entrata in cucina da ragazzina, quando la Farmacia dei Sani era ancora un’osteria gestita da mia mamma: all’epoca, prima che io e i miei fratelli rivoluzionassimo la proposta, trasformandolo in ristorante fine dining, in carta avevamo molti piatti tradizionali. Sapori che conosco bene e che oggi si possono ancora riscoprire in occasione di alcuni eventi. Ecco, qui di seguito, una mini guida per scoprire le antiche ricette salentine e gli eventi dove assaporarle.
Vino cu lu lacciu, il vino con sedano di Torrepaduli
A Torrepaduli, frazione di Ruffano, la sera tra il 15 e il 16 agosto si festeggia la notte di San Rocco, tra pizzica e taranta: per l’occasione, un tempo si comprava il tipico sedano di Torrepaduli, un’antica varietà locale inserita nell'elenco nazionale PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali); veniva inserito nelle bottiglie di vino, in modo da aromatizzarlo, e si beveva proprio attraverso le sue coste. Essendo un anestetizzante, migliorava decisamente il sapore del vino artigianale. Ancora oggi, in occasione della festa di San Rocco, si trova il vino col sedano, in dialetto vino cu lu lacciu, e viene servito in abbinamento ai panini di semola farciti con “pezzetti di cavallo”, uno stufato a base di carne di cavallo che viene prima stufata in acqua con alloro e pepe, poi tagliata e pezzetti, quindi lasciata cuocere e stufare, come se fosse un gulash, nel concentrato di pomodoro, finché non diventa morbidissima.
Una volta pronto, si farciscono i panini con i pezzetti di cavallo e si innaffia il tutto con il vino, bevendo direttamente dalla bottiglia con la costa di sedano dentro. Per tradizione, il sedano viene inserito nel vino la sera stessa, in modo da bere “attraverso il sedano”, che funge da filtro, facendo assumere al vino un sapore diverso, più aromatico e meno aspro. In genere si usano nettari locali come il Negroamaro, che è un vino un po’ più acido. Un tempo con il sedano diventava più “accettabile” e beverino: ecco perché è nata questa tradizione… Oggi, nonostante il vino dal punto di vista enologico sia perfetto e non abbia bisogno di essere “aggiustato”, è rimasta questa curiosa usanza.
La scapece a Gallipoli
Si trova spesso in tutte le feste e le sagre del Salento la scapece gallipolina, una ricetta a base di pesce azzurro di piccole dimensioni - come alicette e sgombretti - che viene impanato nella farina e fritto, quindi messo in una caletta di legno di castagno (una tinozza abbastanza grande), dove viene lasciato a riposo. Come si prepara? Si prende il pane raffermo, si ammolla in aceto e zafferano, in modo da colorarlo di giallo, poi si creano diverse stratificazioni di pesce azzurro e mollica di pane, sino ad arrivare all’orlo della tinozza. Si lascia maturare il tutto per un paio di giorni in frigorifero (una volta, ovviamente, si lasciava a temperatura ambiente). Questa è una ricetta molto antica, che nasce nel periodo delle invasioni del Mediterraneo, quando Gallipoli veniva presa d’assalto e, dall’Oriente, arrivavano spezie come lo zafferano. Siccome il pesce piccolo non lo comprava nessuno e spesso avanzava, quando i gallipolini non potevano uscire dalla città fortificata per pescare in mare, in inverno o sotto assedio, conservavano così il pesce invenduto.
Si tratta di una “ricetta di recupero” che ha aiutato la popolazione a fronteggiare la fame all’epoca delle grandi invasioni turche. Questa scapece si trova a tutte le feste e le sagre del Salento: oggi è diventata uno street food e si mangia nel cuoppo di cartone. Un piatto che ho rivisitato in Ska!Pece, eliminando l’aceto e sostituendolo con il pomodoro: ho imbevuto il pane raffermo in pomodoro fermentato e zafferano, quindi l’ho infornato, ottenendo un prodotto croccante fuori e morbido dentro. Sopra, ho adagiato il pesce marinato (e non fresco) con un'emulsione di latte, olio, e zafferano, per richiamare il colore giallo della ricetta tradizionale. È una specialità da mangiare con le mani, ma ho cercato di renderla più elegante: la scapece ha un odore e un sapore molto forti, ecco perché ho cercato di trovare un’acidità naturale nel succo di pomodoro.
La municeddha a Cannole
Dal 10 al 15 agosto a Cannole si terrà la tradizionale Festa della Municeddha, dedicata alle lumache o “cozze di terra”: un tempo si raccoglievano, mentre oggi sono di allevamento. Come si preparano? Si lasciano spurgare, si stufano con cipolla e si sfumano con del vino bianco. La parte liquida, quindi, si fa restringere creando una sorta di fondo: la lumachina viene così glassata, per finire con una spolverata di origano. La ricetta, così preparata, è davvero saporita: c’è chi aggiunge anche un po’ di pomodoro, a seconda degli usi e dei gusti. Un tempo si usavano molto le lumache selvatiche, di colore bianco, le cosiddette “cozze piccinne”, mentre oggi gli allevamenti dedicati alle classiche lumachine marroni hanno permesso una maggiore diffusione di questa antica specialità locale.
In Salento c’è ancora chi raccoglie le lumache selvatiche dal caratteristico guscio bianco, leggermente marmorizzato, le cosiddette “cozze piccinne”, che si trovano in estate attaccate ai muri, ma anche sugli steli delle stoppie o su altre piante secche e legnose nelle zone aride della nostra terra. In genere vengono raccolte i giorni dopo la pioggia, verso fine estate o inizio autunno. Si esce la notte, si raccolgono, si nutrono con la farina per due o tre giorni, finché le feci non risultano bianche, a indicare che lo stomaco delle lumache è purificato. Le “cozze di terra” quindi vengono lessate, condite con olio, sale e origano. Vengono mangiate così, con lo stuzzicadenti: era il passatempo delle famiglie salentine nelle serate di settembre-ottobre, quando l'aria si rinfresca. Ancora oggi, in alcuni paesi, si vedono i nonni mangiano queste lumachine selvatiche con lo stuzzicadenti.