Spingendo la porta di Frida, ci si immerge in un’atmosfera che riecheggia una Palermo intima e autentica, lontana dai sentieri più battuti. L’ambiente racconta una storia fatta di dettagli curati, con elementi d’arredo contemporanei che dialogano in modo discreto con le linee tradizionali del locale. Il profumo di lievito e pane appena sfornato avvolge i sensi fin dall’ingresso, promettendo una cucina plasmata dal sapere artigianale di Nino Di Blasi e Ornella Falanga, coppia che ha saputo infondere identità a questa insegna. L’impronta di Di Blasi e Falanga si percepisce in ogni fase della preparazione, a partire dall’impasto, che rivela un approccio rigoroso ma animato da fervida curiosità. La ricerca di equilibrio tra fragranza e leggerezza si riflette in una base soffice, mai eccessivamente alveolata, che sostiene condimenti selezionati con attenzione. Qui, ogni ingrediente è scelto per raccontare un pezzo di territorio, dalla dolcezza delle conserve artigianali alla sapidità misurata dei salumi, enfatizzando sapori senza mai sovrastarli. Nonostante Frida faccia a meno di insegne altisonanti o minimalismi di tendenza, la presentazione dei piatti rivela un’estetica precisa: una coreografia di colori accesi e contrasti materici che invita lo sguardo prima ancora del palato. L’impasto ben dorato si accompagna a composizioni ordinate, in cui l’olio extravergine riflette la luce fioca delle lampade, mentre una leggera nota di basilico fresco fa da preludio all’assaggio. La filosofia perseguita dagli chef privilegia l’essenzialità: ogni preparazione nasce da una tensione costante verso la qualità, evitando virtuosismi fine a se stessi. Il loro stile si definisce attraverso il rispetto per la materia prima, una valorizzazione quotidiana della semplicità, ma mai a scapito della tecnica. Alla base delle proposte non si trovano ricette iconiche cristallizzate, ma un costante rinnovarsi intorno a una visione di pizza che celebra la manualità e la conoscenza del prodotto. Frida sorprende con un’identità decisa e riconoscibile, dove ogni dettaglio, dall’aroma persistente della crosta alla disposizione calibrata dei condimenti, parla di una cucina che rifiuta l’omologazione, rimanendo saldamente ancorata al gusto autentico e alla genuinità.
