Si tratta dell’abalone, che nella serie coreana Quando la vita ti dà mandarini, è il prezioso frutto del mare, pescato dalle donne haenyeo dell’isola di Jeju. Da alimento di sussistenza a ingrediente di culto nelle cucine d’autore, la sua storia attraversa culture, continenti e generazioni.
Le Haenyeo e la potenza di un gesto
Nella serie coreana Quando la vita ti dà mandarini, disponibile su Netflix, la vita di tre generazioni di donne si intreccia con la durezza della povertà, il peso delle aspettative familiari e la ricerca ostinata dei propri sogni. Tra le figure principali, la madre della protagonista (nonna della voce narrante), incarna la tenacia femminile di una Corea rurale degli anni ’60. Per sopravvivere, la donna lavora come pescatrice di abaloni, una delle attività più faticose e pericolose, praticata in Corea del Sud solo da donne conosciute come Haenyeo (letteralmente “donne del mare”), una tradizione oggi riconosciuta patrimonio immateriale dell’UNESCO. Gli abaloni che raccoglieva non erano destinati alla mensa domestica: troppo preziosi, troppo rari. Erano merce di scambio, venduti per procurare denaro alla famiglia. Per questo, nella scena in cui offre alla figlia un abalone poco prima di morire, quel gesto diventa un atto potente di amore e riscatto. Il mollusco diventa così simbolo di sacrificio, memoria e riconciliazione. E, ancora una volta, il cibo è al centro delle storie come veicolo di ricordi e significato, non solo come nutrimento.
La serie Netflix è molto alta nella classifica delle serie più viste in Italia proprio in queste settimane e, immaginiamo, come noi vi sarete chiesti che cosa sono esattamente questi abaloni. Ecco l’approfondimento che stavate cercando.
Cosa sono davvero gli abaloni?
Gli abaloni (in italiano noti anche come “orecchie di mare”) sono molluschi marini appartenenti alla famiglia Haliotidae, facilmente riconoscibili per la loro conchiglia piatta, irregolare e iridescente. Ma a renderli così pregiati non è solo l’aspetto: la carne dell’abalone è considerata una delle più ricercate nel panorama gastronomico mondiale. La sua struttura muscolare molto compatta richiede una cottura attenta, ma quando trattata correttamente regala una consistenza carnosa e un sapore umami marcato, che ricorda vagamente quello di un mollusco a cavallo tra capasanta e polpo. In natura esistono oltre 50 specie di abalone e ciascuna ha caratteristiche organolettiche leggermente diverse. In Asia – Corea del Sud, Giappone, Cina – l’abalone è spesso associato a ricchezza e longevità. Viene servito nei banchetti nuziali o offerto agli ospiti d’onore. Ma anche in Occidente, specialmente in alta cucina, è ormai sinonimo di esclusività, tanto che qualcuno lo ha definito “il foie gras del mare” per la sua capacità di regalare sensazioni inebrianti al palato.
Dove e come si pescano gli abaloni
La pesca dell’abalone ha origini antichissime e modalità che variano da regione a regione. In Corea del Sud, le Haenyeo dell’isola di Jeju si immergono in apnea anche fino a dieci metri, trattenendo il respiro per oltre due minuti, sfidando correnti forti e basse temperature. Senza bombole, senza attrezzature sofisticate. Solo con maschera, pinne e una rete. Il suono che emettono quando risalgono in superficie per respirare – chiamato sumbisori – è diventato parte integrante del patrimonio sonoro della cultura coreana. In Giappone esiste una figura simile, le Ama, donne pescatrici spesso in attività fino a 80 anni. In Australia e Nuova Zelanda, dove si trovano alcune delle specie più pregiate (come l’abalone verde e quello nero), la pesca è rigidamente regolamentata per evitare l’estinzione delle colonie naturali. Anche in California esistono popolazioni di Haliotis rufescens, ma molte zone sono oggi chiuse alla pesca per la drastica riduzione della biodiversità. Sempre più spesso, quindi, gli abaloni vengono allevati in acquacoltura, specialmente in Cina, Sudafrica e Cile, per rispondere alla domanda crescente del mercato globale.